Un relitto di grande impatto visivo con molti spunti fotografici.

testo e foto di Francesco Pacienza

[TS-VCSC-Lightbox-Image external_link_usage=”false” content_image=”4480″ content_image_size=”full” lightbox_size=”full” content_title=”Argano per la filatura dell’ancora a prua” attribute_alt=”false” content_image_responsive=”true” content_image_height=”height: 100%;” content_image_width_r=”100″ content_image_width_f=”300″ lightbox_group=”true” lightbox_effect=”fade” lightbox_backlight=”auto” lightbox_backlight_color=”#ffffff” margin_top=”0″ margin_bottom=”20″]

28 giugno 2007, il mare dello Ionio che bagna le coste della Puglia nella zona del Salento non sono particolarmente agitate; queste acque rappresentano la rotta, per molte imbarcazioni commerciali provenienti dall’Egeo e dalla Turchia, verso l’Italia e l’Europa, trasportano merci di varia natura. Durante la navigazione una di queste imbarcazioni, a seguito di alcune onde di una certa intensità, sbanda sul fianco e il carico custodito nelle sue stive si sposta repentinamente. Inizia così la brutta avventura del mercantile battente bandiera turca “Tevfik Kaptan 1”, avventura che lo porterà ad affondare la mattina del 29 giugno a meno di un miglio al largo delle coste di Torre Vado.

Torre Vado è una piccola e affascinante località che si affaccia sulle acque dello Ionio salentino, si trova nel comune di Morciano di Leuca (LE). Prende il nome dalla caratteristica torre d’avvistamento (vaduum=guado) a ricordare l’esistenza di un piccolo approdo naturale situato ai piedi della torre; la torre si trova in prossimità del porticciolo. Questo tratto di costa è formato da spiagge bianchissime intervallate da basse scogliere di arenaria compatta; la vegetazione è quella tipica mediterranea.

Il relitto giace in assetto di navigazione su un fondale sabbioso, costellato da scogli bassi e piatti che lo fanno somigliare ad un reef. Già dai primi metri si scorge la sagoma dell’intero mercantile lungo circa 80 metri che si innalza da un fondale di 24 metri. La logistica è garantita dal supporto del Diving Service di Marcello Ferrari e di suo figlio Davide.

In pochi anni questo relitto, non ancora totalmente concrezionato dagli organismi marini, è diventato una vera e propria oasi e riserva per la biodiversità di quel tratto di Mediterraneo. La tempestiva bonifica integrale del relitto ha impedito che gli inquinanti danneggiassero l’ecosistema.

L’immersione inizia scendendo lungo la catena della boa d’ormeggio. Alla quota dei sei metri ci imbattiamo nella parte più alta del mercantile caratterizzata dalla presenza della scatola del radar, il pennone centrale è stato tagliato e giace sul fondale, mentre gli alberi di carico sono stati messi in posizione di riposo.

Molto bella la poppa vista da fuori bordo e sotto di essa le eliche che fanno bella mostra adagiate sul fondale. La poppa per effetto delle ultime mareggiate si è staccata dal resto del relitto e giace piegata su un fianco a circa cinquanta metri di distanza. Il carico che era contenuto nelle stive poppiere, costituito da matasse e bobine di fil di ferro, è sparpagliato sul fondale intorno alla poppa. Andando a prua notiamo la lunga catena che fuoriesce dall’occhio di cubia e che ci conduce, qualche decina di metri più avanti, all’ancora filata nel disperato tentativo di “tenere” a governo il mercantile prima che affondasse. Guardando dal basso verso l’alto la prua, il colpo d’occhio è notevole con la sagoma che si staglia contro il blu dell’acqua e la luce proveniente dalla superficie.

Si prosegue lungo i ponti sia all’esterno sia nel loro interno in cui possiamo ammirare, nella stanza del comandante, la macchina da scrivere ancora al suo posto sul tavolo. La penetrazione risulta abbastanza agevole anche se si raccomanda di avere un buon controllo dell’assetto e della pinneggiata per evitare di sollevare sospensione. Nelle stive vi è ancora il carico costituito da bobine di ferro, queste sono ancora accumulate nella stessa posizione di spostamento che ne causò l’affondamento.

Durante l’immersione, sorvolando le strutture esterne e navigando lungo il ponte, ci si trova immersi in vere nuvole di pesce di ogni taglia e specie: Castagnole (Chromis chromis), Saraghi (Diplodus sp), Dentici (Dentex dentex), Barracuda (Sphyrena sphyrena) oltre a Boghe (Boops boops), Mennole (Spicara maena) e tanti altri.

L’immersione su questo relitto non presenta particolari difficoltà fintanto che si svolge all’esterno in quanto la ridotta profondità – buona parte dell’immersione si svolge tra i 12 e i 16 metri -, la quasi totale assenza di corrente e la buona visibilità la rendono molto piacevole oltre che di lunga durata. Le strutture della nave sono abbastanza sicure, prive di lenze, reti e oggetti che possono rappresentare un pericolo per i subacquei.

Gli spunti fotografici sono molteplici e di grande impatto visivo, facilitati dalla ridotta profondità a cui si trova il relitto e dalla presenza di una gran quantità di luce proveniente dalla superficie oltre che da una buona visibilità. Si tratta di un’immersione adatta sia ai novizi che ai più esperti e a tutti coloro che vogliono avere le prime esperienze con le immersioni sui relitti.

Lascia un Commento