Prendiamo al balzo un fatto di cronaca per mettere qualche puntino sulle “i” che ancora si stenta a mettere. Perché si è restii a definire “bracconieri” i pescatori (sub) di frodo?

A cura della Redazione

[TS-VCSC-Lightbox-Image external_link_usage=”false” content_image=”5274″ content_image_size=”full” lightbox_size=”full” content_title=”Si dice bracconieri” attribute_alt=”false” content_image_responsive=”true” content_image_height=”height: 100%;” content_image_width_r=”100″ content_image_width_f=”300″ lightbox_group=”true” lightbox_effect=”fade” lightbox_backlight=”auto” lightbox_backlight_color=”#ffffff” margin_top=”0″ margin_bottom=”20″]

Leggiamo sui media locali del sequestro non distante dal Plemmirio, a Siracusa, in esito a una intensa attività di controllo e prevenzione degli illeciti portata avanti in maniera encomiabile dalla Capitaneria di Porto – Guardia Costiera della zona (con tanto di indagini, appostamenti notturni ecc), di tutta l’attrezzatura e del pescato di subacquei di frodo sorpresi a catturare cernie e saraghi di notte, utilizzando tra l’equipaggiamento oltre al fucile subacqueo anche autorespiratori ad aria per l’immersione.
Giova ricordare, giusto per quei due o tre che ancora non lo sapessero, che non solo la pesca subacquea da noi è vietata ovunque se condotta con l’autorespiratore, in quanto può essere praticata solo trattenendo il respiro, ma per di più di notte è vietata comunque, anche in apnea.
Inoltre, dubitiamo fortemente che i signori beccati sul fatto avessero segnalato la propria posizione come dovrebbe fare chiunque s’immerga di notte…
Insomma, la lista dei reati commessi è con ogni probabilità più lunga di quella della spesa che si fa al mercato del sabato per tutta la famiglia. Eppure nei media solo qualcuno – e prevalentemente sui commenti ospitati in fondo agli articoli – puntualizza che sarebbe ingiusto chiamare subacquei sportivi questi predoni del mare, che con i sub sportivi non c’entrano nulla e non vanno confusi, in quanto l’azione che compiono è in realtà puro, semplice e volgare bracconaggio a danno di specie (come la cernia) che tutta la letteratura scientifica ha dimostrato essere stata la più bersagliata e depauperata da questo genere di “pescatori”.
Si tratta in più di danneggiatori del patrimonio comune: ormai tutti sanno che una cernia, specie in zone di frequentazione naturalistica guidata, come nella prossimità delle Aree Marine Protette, vale molto più da viva che da morta.
Eppure si deve ancora leggere di episodi del genere in cui qualcuno tenta l’immediato e facile vantaggio (il proprio e quello solo di qualcun altro, in questo caso il ristorante complice di zona) a scapito di tutti, prelevando illecitamente dal loro habitat animali stupendi da fotografare e filmare, che impiegano anni per arrivare a dimensioni apprezzabili all’osservazione.

La cosa crea inoltre un danno d’immagine a chi s’immerge invece correttamente in apnea in orari consentiti praticando la pesca in apnea, appunto rinominata così già moltissimi anni fa proprio per sottolinearne la sostenibilità: il pescatore in apnea porta avanti la pesca più selettiva che si possa immaginare perché è l’unico in grado di stimare a vista la propria preda prima del tiro e decidere quindi se sia il caso di scoccarlo o meno in base a molti fattori, come stagionalità, dimensioni, specie, periodo riproduttivo ecc. Ma soprattutto pratica tutte le sue azioni senza poter respirare sott’acqua e spesso per questo rischia moltissimo, come ogni anno le cronache purtroppo testimoniano.
E allora ci chiediamo: se in montagna non si parla tanto di “cacciatori di frodo” quanto di “cacciatori” da un lato e “bracconieri” dall’altro e si appartiene o all’una o all’altra categoria, perché mai in mare è tanto difficile esprimere le cose così come stanno?
Nel caso in questione le notizie riportano del sequestro di tutta l’attrezzatura e di ammende di 3.000 euro a persona per i bracconieri, ma francamente ci sembrano ancora poca cosa al confronto del danno creato all’ambiente, alla collettività, ai subacquei veri e ai pescatori onesti. Anche l’aspetto dell’anonimato concesso al ristorante lascia perplessi: cos’è, per un problema di privacy? Ma perché non si può sapere tutti quale sia l’esercizio in questione (visto che l’illecito è stato accertato e sanzionato), così da poter essere messi in condizione di scegliere consapevolmente di boicottarlo come clienti andando a cena altrove?
Ci auguriamo venga un giorno in cui la stampa, anche quella locale, abbia il coraggio e le informazioni giuste per usare con chiarezza le parole che servono. Il bracconaggio è un gesto ignobile prima che illegale – anche sul mare! – e chi se ne rende protagonista o complice dovrebbe essere coperto di vergogna da tutti indistintamente, oltreché incriminato. Forse allora questo comincerà a valere anche più di qualsiasi ammenda o sequestro.

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