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Avete mai sentito parlare del panico “da sarda”? Ebbene si, esiste e vi confido un segreto: io ne soffro! Ma c’è l’antidoto.

Di Isabelle Mainetti

[TS-VCSC-Lightbox-Image external_link_usage=”false” content_image=”5130″ content_image_size=”full” lightbox_size=”full” content_title=”Panico da sardina” attribute_alt=”false” content_image_responsive=”true” content_image_height=”height: 100%;” content_image_width_r=”100″ content_image_width_f=”300″ lightbox_group=”true” lightbox_effect=”fade” lightbox_backlight=”auto” lightbox_backlight_color=”#ffffff” margin_top=”0″ margin_bottom=”20″]

Come di certo sapete o potete immaginare, per immergersi al chiar di luna nelle splendide acque dei laghi serve obbligatoriamente la torcia. Ma ciò che forse non tutti sanno è che alle signore “sardine” questa cosa non piace per niente.
Premessa: le chiamiamo così per intenderci ma propriamente sardine non lo sono, anche se spesso soprannominate “sarde d’acqua dolce” per la parentela e la somiglianza con l’omologa specie d’acqua salata. Parliamo in realtà dell’Alosa agone, più noto sui laghi come “agone”, un pesciotto che nella media annuale si attesta tra i 15 e i 30 cm di lunghezza – con punte sui 50 – ma a inizio stagione si contiene più intorno ai 15.
Diverse curiosità lo accompagnano, come quella di appartenere a un genere antico dal punto di vista evolutivo e di essere stato un tempo marino, rimasto sequestrato nei laghi prealpini come il Garda dove si adattò a vivere in seguito al ritrarsi del mare.
Ora il fatto è che quando la temperatura esterna si scalda – soprattutto nei mesi tra maggio e giugno – e pensi stia cominciando il periodo migliore per goderti fantastiche e rilassanti notturne… potresti aver ragione solo a metà. Nel senso che è vero che il periodo è buono per andare in notturna ma le sarde, alias agoni, questi benedettissimi pesci d’acqua dolce, piacevoli da vedere e – lo ammetto – attraenti anche in un bel piatto a lume di candela, in questi periodi dell’anno sono in frega e te ne trovi a centinaia a farti compagnia nelle ultime tappe di decompressione tra i – 10 m e la superficie, dove si rivelano tutt’altro che gentili compagnoni.

Apparentemente rubata a una sequenza da cartone animato, la situazione infatti si presenta grosso modo così: nel buio più completo il povero malato della sindrome della sardina, ignaro del problema che sta per capitargli e impreparato ad affrontarlo, sta illuminando la parete tutto preso a curiosare qua e là, quando a un certo punto, senza alcun preavviso, si sente picchiettare ovunque pur non riuscendo inizialmente a vedere nulla.
Il fenomeno aumenta d’intensità in pochi istanti, proiettili di pesce si abbattono contro di lui e altri in perfetto stile kamikaze si lanciano dritti verso il suo sguardo incredulo sbattendo più volte contro la maschera mentre lui, credendo di spaventare le “sarde”, cerca di abbagliarle e quelle per tutta risposta si agitano ancora di più e come oche confuse e impazzite lo colpiscono fino allo sfinimento. Immaginatevi insomma una scena da non credere eppure drammaticamente reale con il sub in preda alla sindrome che, attonito nel suo riso isterico e già esausto per l’adrenalina sprigionata, afferra il braccio del compagno urlando come una gallina tra una nuova risata e un’altra ondata di terrore… Già, perché il bello è che… mentre sgambetta, la povera vittima si rende perfettamente conto della parte ridicola che sta ricoprendo ma non può farne a meno.
Attimi di terrore, interminabili minuti e cuore a 200… condannata ad aspettare che tutto passi.
Ebbene si, questa è la sindrome da panico da sardina… Un antidoto? Come nella vita: ridi che ti passa!
Ah, dimenticavo: quando uscite dall’acqua controllate nelle tasche o nel gav che non ci siano… sorprese.
E buona notturna in lago!

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