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Quando forme, dimensioni, colori e consistenze passano dalla pelle: la sorprendente parete tattile presentata all’EudiShow 2017 da ASBI – Albatros-progetto Paolo Pinto-Scuba Blind International per i subacquei non vedenti. Che in realtà educa all’osservazione anche i sub che ci vedono benissimo

di Romano Barluzzi

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Sorprendente, è stata la riproduzione in plastico di una parete sottomarina mediterranea allestita a scopo dimostrativo presso lo stand di ASBI, l’associazione che detiene ormai il più collaudato e al contempo avanzato know-how in tema di subacquea per non vedenti. Non c’era un nome per indicare una simile creazione e questa è stata la prima sorpresa. Il suo ideatore, il trainer di ASBI Manrico Volpi, interpellato in merito, da buon livornese mi liquida con un goliardico “so una s… , io l’ho costruita, te ora chiamala un po’ come ti pare!”. Passo il quesito in cerca di risposta a Elisabetta Franco, una delle più esperte subacquee non vedenti di ASBI, che nel sentirmi azzardare un timido “diaporama tattile” mi bolla subito esclamando “bello ‘diaporama’…non so cosa voglia dire ma mi piace! Eppoi se lo dici tu che sei il giornalista scientifico…” Perché questi straordinari amici “che vedono con le dita” sono così: “diretti”, per usare un eufemismo. Una cosa che comunque a un toscano piace sempre, per un fatto di geo-affinità elettiva. Quindi risate a go-go e via con l’approvazione della definizione appena coniata. Mentre Elisabetta, tanto per non farmi adagiare troppo sugli allori, mi raggiunge con un “…comunque ora vado a controllare su internet se davvero possa andare eh!” Cosa che farà sul serio, s’intende. Quindi posso solo sperare. E il suo silenzio-assenso di poco dopo diventerà per me l’unica sospirata conferma. Questo il clima dello stand ASBI dove, tra diving che hanno nel loro organico guide abilitate dell’associazione, subacquei non vedenti e istruttori sub specializzati in questo affascinante campo, nonché la vulcanica presidentessa Angela Costantino Pinto e i tanti volti di visitatori famosi e meno noti, abbiamo trascorso come sempre molti momenti indimenticabili, a nostra volta ospitati in veste di Serial Diver. Ma torniamo al “diaporama tattile”, che in realtà è come un grande plastico dove sono riprodotte e collocate in grandezza naturale moltissime specie viventi dei nostri fondali marini, sia animali sia vegetali. Le riproduzioni simulano fedelmente sia il colore sia la forma e perfino la penombra dell’insieme, per gli occhi di guide e istruttori; ma ciò che stupisce di più è toccarle! Si scopre così che vi è stata ricostituita anche una consistenza e una superficie in grado di restituire pure al tatto sensazioni assomiglianti a quelle che si avrebbero toccando i corrispondenti organismi veri!

Condividere informazioni agevola la comunicazione

Tutto ciò del resto non fa che riproporre la filosofia ASBI nell’educazione all’esplorazione ambientale, già presente per esempio nel riconoscitore subacqueo delle specie, un “catalogo” impermeabilizzato che reca schede con centinaia di organismi viventi ciascuno dei quali è classificato con foto e nome e cognome latino (più i principali in gergo) stampati in normali caratteri e colori ma in aggiunta anche i corrispondenti caratteri in puntinature a rilievo dell’alfabeto Braille per i ciechi. Lo scopo dunque resta quello di far condividere le medesime informazioni al subacqueo e alla sua guida. E così è anche nel plastico. Che dunque diventa una sorta di palestra educativa e addestrativa per un corretto approccio con le specie viventi che si andranno poi a incontrare davvero. Le quali già da tempo venivano utilizzate singolarmente dagli istruttori ASBI: il diaporama offre in più l’opportunità di una visione d’insieme circa la collocazione, il contesto in cui si trova di solito quella singola specie rispetto alle altre, ai differenti substrati (riprodotti pure quelli) ecc. Quindi l’utilizzo vero si rivela ancora più sottile nella potenzialità didattica: tra i non vedenti non sono soltanto i neofiti di subacquea a usufruirne al meglio ma anche i già provetti delle immersioni. I primi infatti – come del resto ho visto fare ai tanti avventori normovedenti al cospetto della parete tattile nello stand – apprezzano di più la “scoperta” tattile delle specie adese alla scogliera (i cosiddetti “organismi sessili”), mentre i secondi – i già pratici d’immersioni – coglievano attraverso il contatto con le riproduzioni dei pesci l’opportunità di meglio costruirsi un’immagine mentale completa del contesto. Il che normalmente in acqua è per ovvie ragioni meno probabile da ottenersi…anche se neppure il contatto diretto con il pesce, sebbene raro, è da escludersi del tutto, basti pensare alle opportunità offerte dalle immersioni notturne. Ecco perciò la risposta ai tanti che chiedevano in fiera il senso di aver riprodotto nella simulazione tattile perfino i barracuda in caccia, le castagnole che scappano ecc. Così come la murena o l’astice: è evidente che nessuna guida inviterà a toccarli nella realtà – o almeno non certo in maniera pericolosa per le dita, il compito dell’accompagnatore è proprio e soltanto quello di evitare rischi al non vedente – ma farsi un’idea tattile della conformazione di questi animali, della loro tana e dell’habitat dove vivono ha un suo perché, se si è privi della vista. Aumenta il senso e il livello della propria autonomia. Dunque si possono immaginare applicazioni didattiche e formative tra le più varie per questi speciali pannelli plastici e in luoghi e organizzazioni tra le più disparate: scuole di ogni ordine e grado, istituti nautici, acquari, aree marine protette, circoli e associazioni di sub e naturalmente gli stessi diving center. Senza contare che è possibile realizzare la parete in modo che diventi anche immergibile in acqua sia dolce sia salata senza deteriorarsi né alterarsi nelle colorazioni o nelle consistenze. Importante anche sottolineare che in tutti i casi i materiali impiegati per le riproduzioni e per la loro installazione sono del tutto atossici.

Un senso speciale in più

Ma per finire ci sia concessa una riflessione aggiuntiva che rappresenta un senso in più per questa realizzazione: la conoscenza ambientale, l’osservazione naturalistica, sono da anni in crescita esponenziale tra le aspettative dell’utenza subacquea eppure ancora non sempre trovano adeguata soddisfazione né idonee risposte nella professionalità di guide, accompagnatori, aiuto-istruttori e istruttori vari. Certo, forse le cose vanno un po’ meglio d’una ventina d’anni fa, quando ancora l’immersione veniva vissuta – anzi, fatta vivere! – come un risultato stilistico da ottenere, una prestazione da perseguire (talvolta perfino come una prova di forza o, peggio, di predazione) e il mare non era altro che acqua salata. Oggi forse lo si considera un po’ di più come un immenso, complesso e delicato tessuto vivente, quale in effetti è. Ma forse non ancora abbastanza. Sopravvive purtroppo quella tendenza a tradurre l’immersione in “quanti metri sei sceso?”, o “quanto tempo ci sei rimasto?”, oppure “che attrezzature – o che miscele – hai impiegato?”, con la relativa insana rincorsa al traguardo, germe tra l’altro di inutili rischi o insoddisfazioni e abbandoni dell’attività; quesiti che poi diventano inevitabilmente auto-domande, al posto di altre un po’ più sane tipo “cosa ho visto? Cosa c’era e non ho notato? Perché era lì? Cosa mangia o come si riproduce? Come posso osservarlo meglio? E’ diverso con la stagione e perché?…” Insomma, troppo spesso gli aspetti aridamente tecnici dell’immersione vengono assunti e trasmessi come sua unica finalità, mentre i suoi veri obiettivi – anche quando inconsci e non dichiarati dagli utenti – sono altri e di natura conoscitiva su ciò che ci circonda in quell’universo liquido. Come azzerare tutto ciò? Come resettare soprattutto i ruoli legati alla didattica e all’accompagnamento che sembrano non averla capita mai abbastanza? Forse non è possibile, forse è utopistico o forse si tratta semplicemente di aspettare ancora e con pazienza l’arrivo di una diversa maturazione culturale dell’intero settore. Ebbene, nel frattempo questa invenzione del “diaporama tattile” considerata sotto questo profilo non sembra affatto solo una trovata, anzi tutt’altro: è essa stessa una via metodologicamente corretta da inserire in un percorso educativo di consapevolezze diverse sugli habitat sommersi. In breve, è pensata e concepita per i non vedenti in modo da insegnare ai vedenti! O perlomeno per fare loro da esempio. A nostro avviso, possiamo essere fieri che oggi esista – e che il suo autore sia disponibile a replicarla a richiesta in qualsiasi forma – e forse la dice lunga il fatto che abbia suscitato tanto interesse e ammirazione in fiera: un autentico successo “di pubblico e di critica”. A proposito, cogliamo l’occasione per ringraziare pubblicamente le due Elisabette subacquee non vedenti di ASBI (cognomi Franco e Gravili) per essersi rese disponibili a fare da guide tv nella gettonatissima videoclip postata sulla nostra pagina Facebook direttamente dall’Eudi, nella quale in due minuti e mezzo hanno mostrato a tutti ciò che solo con gli occhi del cuore è possibile osservare. Anche senza mai chiamarlo “diaporama”. Con buona pace del sottoscritto quale autore dell’articolo che malgrado ciò si sente sempre insolitamente bene in loro compagnia.

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