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Nell’ambito della stessa spedizione per tornare nelle acque albanesi sui relitti della corazzata Regina Margherita e della nave ospedale Po, i componenti della IANTD Expeditions trovano e identificano anche quello della torpediniera Andromeda. Qui il loro racconto in esclusiva. Poi vi diranno tutto all’EUDI Show, nell’Area Master della Subacquea, domenica 5 marzo alle h 15:00. Non perdeteveli!

La Redazione. Foto IANTD Expeditions Team.

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A 11 anni di distanza dalla prima spedizione, le “IANTD Expeditions” sono andate di nuovo sul relitto della corazzata Regina Margherita dall’8 all’11 dicembre scorso per commemorarne il centenario dall’affondamento avvenuto in piena 1^ guerra mondiale l’11 dicembre 1916 con 674 morti; e per rivisitare quello della nave ospedale Po colata a picco invece nel 2° conflitto mondiale da aerosiluranti inglesi il 14 marzo 1941, che ebbe grande risonanza per la gravità del fatto e per la presenza a bordo di Edda Ciano Mussolini in qualità di crocerossina. Ma a quel punto non è stata di poco conto la sorpresa del rinvenimento e l’identificazione – nelle vicinanze della Po – del relitto della torpediniera Andromeda, affondata anch’essa da aerosiluranti inglesi la notte tra il 16 e il 17 marzo del 1941 con una perdita di 50 vite umane. Fin qui la storia, in estrema sintesi. Perché vogliamo sia evitare di togliervi la sorpresa dei particolari che ascolterete dai membri della spedizione all’EUDI sia regalarvi il piacere del racconto autografo dai protagonisti stessi per come hanno vissuto questa bella impresa umana e culturale. Perciò eccoli a voi, non prima di aver ricordato che oltre a questi componenti italiani ci sono stati anche due subacquei albanesi – Beni Haxhiaj, fotografo esterni; e Igli Pustina, responsabile organizzativo (presidente Federazione Subacquea Albanese) – e che due archeologi hanno assistito alle operazioni, Mariglen Meshini, rappresentante della Archaeological Service Agency di Tirana e Kriledian Çipa, rappresentante del South Regional Directorate of National Culture di Valona. Inoltre, l’iniziativa è stata supportata dai centri: Acquamarina di Marina di Pisa, Acquelibere Sub di Padova, Nautica Mare Dive di Verona, Sea Dweller di Roma e Sub Delphinus di Ravenna. La ditta Nardi, infine, ha fornito un compressore portatile risultato utilissimo alle necessità logistiche.

CESARE BALZI (capo spedizione)

«Mancava solo un tassello per completare la mappatura dei relitti italiani affondati nella baia di Valona dopo la localizzazione della corazzata Regina Margherita e la nave ospedale Po nel 2005, il cacciatorpediniere Intrepido e il trasporto truppe Re Umberto nel 2007, la motonave Rovigno nel 2008 ed il piroscafo Luciano nel 2010. Tutti ritrovamenti e identificazioni di relitti di alta valenza storica, grazie ai quali erano tornate alla luce vicende ed episodi dimenticati, sia del Primo che del Secondo Conflitto Mondiale. Ma la posizione esatta di dove si trovasse il relitto della torpediniera Andromeda, con il suo carico di cinquanta marinai perduti nell’affondamento, ancora mancava. Le coordinate geografiche dove andare a controllare le avevo gelosamente custodite dal maggio 2007, sicuro che prima o poi sarebbe giunto il momento per un’immersione esplorativa. Difatti, undici anni dopo la prima Iantd Expeditions in Albania, l’occasione giunse il dicembre scorso, quando, nell’ambito di una spedizione organizzata con l’obiettivo primario di commemorare il centenario dell’affondamento della Regia Nave Regina Margherita avvenuto nel dicembre 1916, venne conseguito un secondo obiettivo: l’identificazione certa e definitiva del relitto dell’Andromeda.
Varcai assieme all’Ammiraglio Giuseppe Celeste, presidente dell’Associazione Venus – Archivio Fotografico Navale Italiano, il cancello della Leonardo Divisione Sistemi Difesa a La Spezia, il pomeriggio del 28 novembre. Ad attenderci l’ingegner Giuliano Franceschi, consigliere e membro del comitato scientifico dell’Associazione Museo della Melara e la dottoressa Alessandra Vesco, custode dell’archivio. La visita, presso gli stabilimenti della ex OTO Melara Spa, era stata fissata dall’Ammiraglio Celeste, informato che nell’area esterna delle officine era custodito un pezzo del cannone 100/47 millimetri OTO modello 1931, in dotazione alla torpediniera Andromeda. Dopo aver ricevuto la notizia telefonicamente, rimasi in trepida attesa per qualche giorno, poiché sarebbe stato utile visionare il pezzo d’artiglieria, prima di partire alla volta dell’Albania. L’Andromeda, infatti, era provvista di tre pezzi, uno a prora e due a poppa e, qualora ne avessimo localizzato i resti, il risultato della comparazione tra la tipologia di cannoni, quelli sul relitto e quello preservato alla Spezia, sarebbe stato elemento sufficiente per assicurarsi l’identificazione ufficiale della nave.
A quel punto, conoscendo l’episodio della nave affondata all’interno della baia di Valona e avendo un punto da verificare, avevamo di fatto inserito l’Andromeda come un secondo obiettivo di ripiego all’interno della spedizione, qualora, arrivati sul posto, non avessimo trovato le condizioni marine favorevoli per inseguire il primo obiettivo, quello del relitto della Regina Margherita, ubicato al di fuori della rada di Valona, in mezzo al Canale di Saseno, esposto a volte a correnti e marosi sfavorevoli. Ora, a bordo del traghetto che ci stava accompagnando proprio in quei luoghi, non restava altro che raccogliere tutte le informazioni acquisite e condividerle con gli altri componenti della spedizione. Seduti attorno a un tavolo nel salone passeggeri, trascorremmo le prime ore della navigazione a studiare con grande interesse fotografie, documenti storici e disegni tecnici della torpediniera, per poi andare a coricarci nelle rispettive cabine solo a tarda ora, quando il nostro traghetto era già al centro del Canale d’Otranto.
Il nostro traghetto entrò nella baia, attraversando il canale di Saseno, alle 7 del giorno seguente. Dal ponte della nave, con un briciolo di soddisfazione, osservammo i profili della costa: sul lato di sinistra l’isola appunto di Saseno, su quello di dritta la penisola del Karaborum, e la rada con tutto il suo patrimonio sommerso. Alla vista di quei luoghi, riaffiorarono emozioni e ricordi. Dopo anni, infatti, Massimiliano, Mauro, Michele e io tornavamo a Valona, Edoardo alla sua prima esperienza con noi nella terre delle aquile. Una volta sbarcati, il primo ostacolo da superare furono le pratiche di sdoganamento. Le comunicazioni dei giorni precedenti con le autorità locali di Valona, a conoscenza dello svolgimento della nostra attività autorizzata dal Ministero della Cultura di Tirana, ci permisero di superare senza intoppi, quei momenti comunque sempre d’apprensione: controllo di passaporti, documenti delle autovetture e liste delle attrezzature. Appena oltrepassata l’uscita del porto comunicai il nostro arrivo al Consolato Generale d’Italia a Valona che mi fornì, a titolo cautelativo, il numero per un servizio medico di fiducia ed uno per le chiamate di emergenza per gli italiani all’estero. Da quel momento era iniziata la nostra spedizione in terra d’Albania. Con i due furgoni Mercedes Vito di Nautica Mare Verona e Sea Dwellers Roma, carichi all’inverosimile, percorremmo, tra una buca e l’altra, dieci chilometri di strada costiera ancora in corso di riqualificazione, fino a raggiungere il Paradise Beach Hotel, situato sul litorale della baia in località Radhimë, utilizzato come base per la Iantd Expeditions 2007. Tutto testato ed efficiente: camere ampie per ogni componente della spedizione, prese di corrente elettrica in abbondanza per le ricariche di tutte le apparecchiature, terrazzi dove poter stendere le attrezzature umide, un ottimo ristorante annesso, l’utilizzo di un magazzino per il ricovero di tutte le attrezzature e un’area esterna a disposizione per la ricarica, isolata dal resto del complesso per non arrecare disturbo alla clientela.
Partimmo alla volta del versante occidentale della penisola del Karaborum e dopo circa un quarto d’ora eravamo nell’area di ricerca, discostati di circa trecento metri da un punto riportato sulla carta nautica, alla profondità di 45 metri. Accese le strumentazioni di bordo, GPS e ecoscandaglio, non dovemmo attendere molto. Sulla verticale del punto geografico tenuto nel cassetto dal lontano maggio 2007, infatti, alla profondità di 53 metri, apparve la sagoma di un relitto. Ci trovavamo a settecento metri dalla fascia costiera del Karaborum e poco più a sud il sole stava tramontando alle spalle della sella di Petrunes, il valico dal quale, nel marzo 1941, provenivano gli aerosiluranti inglesi per attaccare il naviglio italiano ormeggiato in quell’area…
Ma ora, per proseguire il racconto e per far loro esprimere la propria impronta personale sulle rispettive sensazioni circa la spedizione, preferirei che intervenissero gli altri compagni d’avventura…»

MASSIMILIANO CANOSSA (vice-capo spedizione)

«Tornare a immergermi sui relitti in Albania dopo quasi dieci anni è stata una grande emozione. Io e Cesare siamo scesi per primi seguendo la cima che avevamo preventivamente lanciato sul presunto punto segnato dal Gps. Siamo arrivati sul fondo fangoso a 55 metri di profondità senza trovare nessun relitto ma, dopo qualche secondo, gli occhi si sono abituati al buio e guardandoci intorno abbiamo visto un’imponente sagoma scura a pochi metri da noi.
Abbiamo visto subito il cannone da 100 mm della Oto, caratteristico di questa nave da guerra. Inoltre, esplorando la nave, abbiamo scovato anche gli altri due cannoni di poppa. Infine, a prua, abbiamo riconosciuto la Stella d’Italia. Non è facile descrivere l’emozione che si prova nello scoprire un nuovo relitto. Abbiamo esplorato un luogo dove nessun altro si era mai immerso prima. Il mio compito era quello di vice capo spedizione e di video operatore, così ho avuto l’onore di filmare per primo il relitto dell’Andromeda!»

MICHELE FAVARON (fotografo subacqueo)

«Partecipare a una spedizione di questo tipo è sicuramente una cosa rara. Se poi questa avviene in un ambiente dove non ci sono centri di immersioni e poche barche da poter utilizzare, in Albania, diventa una cosa unica. Da un po’ di anni vado in quel Paese a fare attività subacquea ed è sempre un’esperienza nuova, non ci si annoia mai. Il ruolo di fotografo in questa particolare avventura prevedeva un obiettivo tutto mio, oltre a quelli della spedizione, che non potevo mancare: fotografare Cesare sulla sua nave. Si, La Regina io la chiamo cosi, “la sua nave”. E da quel giorno esiste anche “la sua foto”. Ovviamente il risultato finale era portare a galla il maggior numero di particolari possibili da tutti i relitti esplorati, i dettagli per il riconoscimento dell’Andromeda erano basilari per il raggiungimento degli obiettivi della spedizione, evidenziati durante tutto il viaggio, in traghetto e durante i briefing. Per me una grande esperienza fatta con persone speciali in posti speciali e avendo raggiunto obiettivi speciali!»

EDOARDO PAVIA (video operatore subacqueo)

«In questa specifica spedizione ero l’unico dotato di apparecchio a ricircolo di gas (CCR) e ancora una volta questo fantastico strumento si è rivelato la scelta ottimale. Devo fare un breve inciso: il mio nome nel mondo della subacquea professionale in cui mi muovo è indissolubilmente legato all’uso dei CCR, fin dalla prima volta nel lontano 1997 e fino a diventare distributore per l’Italia della “Ambient Pressure Diving”. Ciò detto… ho partecipato a diverse spedizioni subacquee internazionali, ma questa è stata la seconda volta che ho avuto il privilegio d’immergermi con alcuni membri della IANTD Expeditions. La sera con i miei colleghi dovevamo a turno, me compreso, alternarci durante i lunghi cicli di ricarica delle bombole in CA (circuito aperto). Il piccolo compressore, l’elevato numero di bibombola e di decompressive da ricariche, indicano che il rebreather, in queste condizioni di logistica complessa, è lo strumento ottimale da scegliere. Avendo portato circa 4 bombole di diluente premiscelato, e 4 bombole di ossigeno già cariche, non avevo necessità di ricariche gas, ad eccezione del bombolino da 1,5 l per il gonfiaggio della stagna. I così detti “Bailout”, se non si verificano delle emergenze, non hanno bisogno di essere rigenerati ad ogni nuovo giorno d’immersione. La scelta della macchina è stata quella di utilizzare il Liberty della Divesoft, azienda emergente nel settore, che si è fatta subito apprezzare dal mercato nostrano e internazionale per la consistenza, la robustezza e le qualità del prodotto, non ultimo alcune scelte innovative mai impiegate prima nel settore. Durante tutto il periodo di permanenza a Valona, l’apparecchiatura non ha mai dato alcun problema e, nonostante una poderosa influenza che mi ha debilitato al punto da dubitare delle mie capacità di rientrare a Roma guidando il mio furgoncino, il rebreather, abbandonato dall’ultima immersione così come era, è stato riaperto per asciugatura e disinfezione 10 giorni dopo, e tutto ciò senza che accusasse alcun problema! Insomma un’esperienza fantastica, emozionante e insieme a un Team affiato e coeso, il tutto supportato dagli amici Igli e Ben, senza i quali tutto ciò non sarebbe stato possibile.»

MAURO PAZZI (fotografo subacqueo)

«La partecipazione alla IANTD Expedition Regina Margherita 2016 è stata per me un’esperienza straordinaria, l’organizzazione perfetta e l’affiatamento fra i membri del team sono il segreto dei successi che Iantd ha collezionato in tutti questi anni.
La condivisione degli obiettivi e dei metodi per ottenerli è il filo conduttore che il capospedizione Cesare Balzi ha utilizzato come denominatore comune di tutta l’attività svolta e i risultati sono stati pienamente raggiunti. Le finalità della spedizione erano tre: la commemorazione del centenario dell’affondamento della Regina Margherita, la ricerca, l’identificazione e la documentazione della Torpediniera Andromeda e la documentazione fotografica delle parti più interne della nave ospedale Po. Inutile dire che i primi due obiettivi sono stati quelli che mi hanno emozionato maggiormente, durante l’immersione sull’Andromeda e la commemorazione sulla Corazzata il pensiero non è potuto non andare a tutti i caduti che, nel corso delle due guerre, hanno dato la vita per il nostro Paese, spesso poco più che ventenni. L’immersione sulla nave ospedale Po è pur sempre un’emozione grandissima: se si considera lo stato di conservazione, la storia e il fatto che si trova adagiato, in assetto di navigazione, su di un fondale di poco più di 30 metri, lo possiamo senza dubbio considerare uno dei relitti più belli del mediterraneo. Dopo quasi 10 anni di immersioni in Albania, questa esperienza grazie all’organizzazione, alla professionalità e alla preparazione dei membri è stata una grande occasione di crescita personale e di arricchimento culturale.»
Non resta che ricordare ancora a tutti i nostri lettori che IANTD Expeditions svolgerà a Bologna nell’ambito dell’EUDI SHOW 2017, domenica 5 marzo, alle ore 15:00, nell’Area Master della Subacquea, la presentazione intitolata “Il ritrovamento della torpediniera Andromeda, nell’ambito della IANTD Expeditions Regina Margherita 2016”. Vietato mancare!
(Si ringraziano per la collaborazione: Associazione Venus – Archivio Fotografico Navale Italiano – La Spezia. Associazione Museo della Melara – La Spezia. Leonardo Divisione Sistemi Difesa – La Spezia. Ufficio Storico Marina Militare – Roma)

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