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Cosa possiamo veramente fare? Magari seguire i consigli di un progetto come Clean Sea Life, per esempio…

di Eleonora di Sabata

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Un mare di plastica. Il tema è esploso sui media e nella coscienza di molti, anche se chi vive il mare d’estate trova spiagge pulite e si preoccupa delle ‘isole di plastica’ in Pacifico più che della situazione nel Mediterraneo. Basta una passeggiata al mare d’inverno, invece, per apprezzare la quantità di rifiuti che le onde gettano in spiaggia a ogni burrasca. Il nostro mare è un lago, e tutto ciò che vi è caduto negli ultimi 50 anni – per negligenza, disattenzione, gestione sbagliata, insufficiente o criminale dei rifiuti – è ancora qui: ancora intero o sbriciolato in una nuvola di plastica, e continua a imbrigliare, soffocare, intasare lo stomaco degli animali (circa 200 le specie accertate in Mediterraneo), che con la plastica ingeriscono anche gli additivi con cui è modellata e gli inquinanti che ha assorbito in mare.

Ma queste cose ormai le ripetono un po’ tutti. Cosa fare, allora?

Passare dall’allarme all’azione, chiede il progetto europeo Clean Sea LIFE (www.cleansealife.it, molto attivo sui social) che dal 2016 coinvolge subacquei, diportisti, pescatori sportivi e professionisti, studenti, cittadini e istituzioni in una campagna straordinaria di pulizia di coste e fondali d’Italia. Migliaia le persone che hanno aderito e si sono impegnate a modificare piccole abitudini per le quali, spesso a nostra insaputa, l’ambiente paga un prezzo molto pesante.

Tre e molto semplici i principi della ‘promessa al mare’ del progetto europeo:

  1. Non gettare nulla nell’ambiente, volontariamente o no. Attenzione anche ai rifiuti che non consideriamo tali: come i mozziconi di sigaretta – di plastica e intrisi di sostanze tossiche, spesso gettati in strada o fuoribordo (all’EUDI Clean Sea LIFE e Assosub hanno distribuito migliaia di portamozziconi da tasca). Non lanciare palloncini, che caduti in mare fluttuano come meduse attirando pesci, tartarughe e uccelli con conseguenze spesso fatali. Smaltire i rifiuti con coscienza, facendo due passi in più verso un cassonetto vuoto, e non lasciare sacchetti a terra alla mercé degli animali.
  2. Mantenere pulito il proprio angolo di mare e, per gli oltre cento diving e associazioni che hanno aderito (la lista completa è su http://cleansealife.it/index.php/sub/), l’impegno a organizzare ogni anno una pulizia dei fondali, crescendo nuove generazioni di sub consci di essere parte della soluzione.
  3. E infine – ma è il punto cruciale – diminuire la montagna di rifiuti che produciamo ogni giorno di cui una parte purtroppo finisce nell’ambiente. Dobbiamo ripensare il nostro rapporto con la plastica, materiale fantastico ma eterno, smettendo di usarla solo per pochi minuti. Ciascuno nella propria quotidianità trovi il modo di ridurre il monouso: borracce e fontanelle al posto delle bottigliette di plastica; compriamo sfuso quando si può, no e no a bicchieri, piatti e sacchetti monouso, che siano di plastica o della cosiddetta ‘bioplastica’: perché il #plasticfree vero è quello che riducei rifiuti, non quello che li sostituisce.

Anche ilClub Azzurro di Fotografia Subacquea FIPSAS ha aderito a Clean Sea LIFE. I migliori fotografi Fipsas, con i loro scatti, documenteranno la cruda realtà dei nostri fondali per sensibilizzare tutti sul problema della dispersione della plastica in mare e sulle spiagge. Un invito rivolto anche ai fotosub amatoriali che possono inviare i loro migliori scatti al progetto europeo per attività di sensibilizzazione.

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