Cosa facciamo oggi per colorarci la giornata? Andiamo alla ricerca del tappo del lago di Idro. E così comincia l’avventura.

A cura di Isabelle Mainetti

[TS-VCSC-Lightbox-Image external_link_usage=”false” content_image=”5635″ content_image_size=”full” lightbox_size=”full” content_title=”Fino al tappo dell’Idro” attribute_alt=”false” content_image_responsive=”true” content_image_height=”height: 100%;” content_image_width_r=”100″ content_image_width_f=”300″ lightbox_group=”true” lightbox_effect=”fade” lightbox_backlight=”auto” lightbox_backlight_color=”#ffffff” margin_top=”0″ margin_bottom=”20″]

Il sig Giuseppe Piccolo, detto Pino, si sveglia una mattina con una proposta bizzarra.
Personaggio apparentemente pacato, con modi da saggio, nasconde nel suo io più profondo una grinta e una caparbietà veramente impressionanti.
Istruttore trimix con ancora la passione nel cuore, mi sprona ormai da qualche anno ad imprese a volte alquanto “originali”.
La scelta si rivolge – con mia approvazione immediata – verso la “ricerca” del tappo del lago d’Idro (Brescia).
Scatta all’istante la pianificazione.
Mobilitiamo l’assistenza di un paio di amici che, senza farselo dire mezza volta, si rendono disponibili ad accompagnarci con la motonave Marinella.
Il lago d’Idro, per chi non lo conoscesse, è un lago abbastanza freddo dal carattere deciso, si parla di 6/7 °C in estate sotto i 20 metri e solo 4 – a volte 3 – in inverno.
Piccolo, silenzioso, tenace. Lago scuro e misterioso, l’Idro ricorda il mondo incantato delle streghe. Ed è comunque diverso dagli altri.
Adrenalina e stupore si mescolano in queste immersioni.
Pareti che parlano e raccontano la loro storia con alternarsi di rocce che ricordano tanti pollici nel pongo, altre parti a tessitura stratificata visibilissima, a mo’ di sfoglia.
Onde rocciose con evidenti le innumerevoli frantumazioni e i segni della corrosione del tempo.
Frastagliate, ricche di spaccature, terrazze e piccole cavità.
La visibilità non è sempre tra le migliori, ma se si è fortunati si è ripagati con un vero spettacolo.
La profondità massima dichiarata, ma variabile in base al periodo, è di 122 metri… anche se trovare il punto più profondo è decisamente faticoso.

Il giorno è arrivato e il sig. Pino ed io, come bambini al luna park, ci bombardiamo di entusiasmo l’un l’altra. Carichiamo in barca i bibo 15 + 15 e 18 + 18 in trimix con 3 stage di risalita a testa, mentre ridendo ci diamo dei folli e controlliamo di avere portato tutto ciò che ci serve.
Come un vero gruppo unito, abbiamo sostegno e incitazione, mescolati a espressioni di pietà in previsione del freddo che consapevolmente andremo a provare.
Alessandro, il padrone di casa, sceglie per noi il punto usando l’ecoscandaglio ed è costretto ad allontanarci dalla parete, Simone ascolta con attenzione il nostro briefing per essere pronto a soccorrerci in caso di necessità, pare addirittura essere più teso lui di noi.
Per ovvia scelta climatica, la programmazione non prevede tempi troppo lunghi oltre i 100 m e ad accompagnarci nell’impresa, decidiamo di portare con noi un aiutante, testimone ufficiale in onore dell’Eridio sub (gruppo sub di Idro): il “Nano Eridio”, alto ben 35 cm.
Ancorati al fondo e spenti i motori, ci lasciamo cadere all’indietro e dopo i controlli e l’ok… cominciamo la discesa.

Acqua limpida all’inizio, ma non manca poi l’effetto nebbia a 45 m fino ai 55 m circa, striscia verticale di sostanza lattiginosa e biancastra che divide in due il lago, segno che si entra nel mondo delle streghe…
Ci avviciniamo a stretto contatto, Pino allunga il braccio afferrandomi per non rischiare di dividerci.
Visibilità zero assoluto.
Non c’è sotto né sopra, né destra né sinistra.
Ci lasciamo cadere tenendo gli occhi fissi sul profondimetro.
Il cuore pulsa forte.
Ed ecco che il lago “si apre” a noi e troviamo la parete ricoperta di frange che, come tentacoli, si lasciano cadere ricordando i tendoni di un teatro abbandonato, ma appena provo a toccarle si sfaldano e fuggono nel nulla.
70 m… 80 m…
Non c’è più parete, dato che per trovare la profondità programmata dobbiamo pinneggiare verso il centro del lago.

Uno strano cuscino di soffice muffa grigia ricopre il fondo.
Colori alternati a rosso ruggine, tipo rigoli di torrente, precedono il nostro percorso, armonizzando la visione. Un deserto monocromatico di dune nel nero più totale sembrano schiarire il niente.
Si percepisce in maniera forte, nonostante la maschera, l’odore di zolfo.
Non ci sono pesci, solo due pazzi subacquei nel centro del mondo.
90… 95… 100, 101, 102… non va oltre! I minuti passano.
Complici di questa avventura bizzarra, salutiamo compiaciuti il nostro nanetto Eridio e lo adagiamo sul fondo, quando… in meno di mezzo secondo sparisce nel nulla!
Sbigottiti, scioccamente increduli, perché in fondo in fondo ce lo aspettavamo, il nostro amico se n’era scomparso, come risucchiato.
Quella schiuma senza consistenza ricopre il letto del lago. Quanto è spessa, e quanto il nanetto abbia viaggiato all’interno della terra, non lo sappiamo.
Ammetto di esserci rimasta anche un po’ male per questo abbandono così brusco!

Con segno di rientro ripercorriamo la strada a ritroso osservando quanto la morfologia di questo fondale cambi da qualche metro all’altro.
L’odore di zolfo comincia a diventare fastidioso e non troppo sicuro, mi gira quasi la testa, quindi, con brio, partiamo all’inseguimento delle nostre tappe di risalita.
Soddisfatti comunque, ci diamo il “cinque” e io comincio il mio classico canticchiare…
Finalmente ribecchiamo la parete che, grazie alla bussola, è lì ad aspettarci per deliziare la lenta decompressione.
Le mani cominciano a urlare il freddo, le dita sono rigide e i denti battono il tic tac.
Come da accordi pre immersione, arrivati a una certa profondità, spariamo il pedagno per segnalare a chi ci aspetta in superficie che stiamo bene e stiamo rientrando.
Uno fronte all’altra, comunichiamo con gli occhi le nostre emozioni. Arrivati al cambio dell’Ean 50 a 21 m troviamo anche un leggero termoclino che, seppur di poco, sembra recarci sollievo.
Il tremore mi cerca, ma non lo voglio ascoltare, rilasso la mente e attendo la fine della deco.
Stiamo bene e dopo oltre 120 minuti di quella “frescura” usciamo!
Guardo l’espressione del viso di Pino… soddisfatto con un sorriso a 36 denti.
Una risata di sfogo, Ale e Simone sbracciano felici di rivederci.

Tremanti, pallidi e devo dire visibilmente “osceni”, nuotiamo di spalle fino alla scaletta dell’imbarcazione.
Bellissima avventura, bellissima idea, ma… usando l’espressione tipica del capitano della barca, alla domanda “ritornerete a cercare il tappo?”
rispondo: “Ma anche no!”
Per ora.

1 Comment

  • Fiorella Bertini
    Posted 17 Ottobre 2017 20:34 0Likes

    Fantastica immersione… grande Isabelle… complimenti…

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