Domenico Roscigno, al secolo Mimmo, da Siena, nato il 5 maggio del ’66. Una vita e una passione di famiglia, di cui è anche professore: la fotografia. Dedicata a “Sua Immensità”.

di Giorgio Anzil

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Nel suo libro Into The Mirror definisce così il Mare: «Sua immensità».
Come non dargli ragione! Però chi conosce i suoi lavori, chi ha avuto occasione d’incontrarlo, sa bene che per immensità si può intendere lui stesso, Domenico “Mimmo” Roscigno.
Leggendo un paio di righe del libro ti accorgi dell’emozione e della poesia che sa trasmettere:
«…i miei occhi increduli, come fossero stati quelli di un bambino…»

Per molti anni è stato un dei pochi subacquei al mondo a usare correntemente per le sue foto subacquee soltanto attrezzature in medio formato: Rolleiflex e Hasselblad. Le particolari misure delle sue foto non gli permettevano di partecipare ai vari concorsi, così, da qualche tempo, appoggiato anche dai vari amici, si è dedicato alla fotografia digitale, facendo incettata di premi in giro per il mondo, conservando e utilizzando le sue preziose macchine di un tempo solo per piacere personale.

Mimmo, il tuo rapporto con il mare?
Ho cominciato a immergermi in apnea quando ero veramente piccolo, tanto piccolo che non ricordo neanche come ho cominciato a pescare polpi utilizzando delle fiocine costruite con le forchette piantate nelle canne di bambù; sicuramente questa mia passione/malattia viscerale per il mare è stata agevolata dalle lunghe vacanze estive che da ragazzino facevo in giro per l’ Europa con i miei genitori e i miei fratelli, prima con la roulotte e successivamente con il camper; ricordo quelle interminabili giornate a mare, intorno ai 15 anni passavo in acqua d’estate anche 10 ore al giorno, tutti i giorni; se lo ricorda bene mia madre che rimaneva in spiaggia con una apprensione che potete immaginare! Vagavo nuotando per chilometri lungo costa, soprattutto quella del Cilento; col senno di poi non sono stato mai un gran pescatore, mi nutrivo del piacere di stare immerso e benché sapessi scendere anche in profondità in apnea non ho mai veramente approfondito le tecniche di pesca subacquea, mi piaceva molto osservare, guardare tutto nei minimi particolari, ma ero vincolato alla superficie dai corti tempi dell’apnea fino a quando un mio caro amico, all’età di 16 anni circa, mi fece usare per la prima volta un’attrezzatura scuba, facendo iniziare la mia carriera di subacqueo; da allora non ho più smesso.

La tua prima fotografia subacquea
La fotografia era già una mia passione, sono cresciuto in mezzo alle macchine fotografiche di mio padre, che a sua volta era cresciuto con uno zio fotografo di professione, ho sempre subito quindi il fascino dell’oggetto “fotocamera” di qualsiasi forma, epoca, essa fosse, da quelle di legno a soffietto di inizio novecento, alle microcamere a pellicola, fino ad arrivare alle moderne reflex digitali.
E’ quindi stato inevitabile che in seguito, intorno ai 19-20 anni questi due interessi confluissero in quella che ancora oggi, facendo della seria autocritica, è più di una passione, è una vera e propria “ossessione”.
Ho avuto la fortuna di cominciare a lavorare (insegno fotografia nel Liceo Artistico Giorgio de Chirico di Torre Annunziata) e di fare le prime supplenze intorno ai 20 anni, e da allora ho dedicato la maggioranza delle mie risorse, economiche e non solo, all’ attrezzatura subacquea fotografica e a questa affascinante attività. Per scattare in immersione ho usato di tutto. La prima attrezzatura era costituita da una custodia per una Kodak Instamatic marcata Mares, che mi era stata regalata in occasione della classica comunione, poi vennero le Nikonos con tutti i relativi accessori e obbiettivi, poi vari scafandri per le diverse Nikon analogiche; per un certo periodo mi sono interessato anche al video con diverse attrezzature, poi ho deciso di dedicarmi anima e corpo alla fotografia subacquea, ed è stato in quel periodo, circa 25 anni fa, che ho cominciato – complice l’acquisto di una prima custodia Rolleimarin – ad interessarmi alla fotografia subacquea in medio formato; negli anni successivi ho utilizzato esclusivamente fotocamere Rolleiflex ed Hasselblad, arrivando a possedere 4 Rolleimarin completamente corredate che usavo per la macro e le distanze ravvicinate, mentre le due Hassy (soprattutto la SWC in custodia Gates) erano dedicate alla foto con grandangolare; con queste attrezzature ho effettuato migliaia di immersioni non solo in Mediterraneo, poiché collaboravo con una agenzia turistica internazionale.

Dall’analogico al digitale, cosa è cambiato?
Il digitale ha enormemente ampliato la schiera di coloro che in tutto il mondo hanno iniziato e continuano a fotografare sottacqua, indubbiamente  questa svolta epocale ha avuto ripercussioni in tutti i settori della fotografia; se ci pensate bene la tecnologia digitale sembra essere stata pensata apposta per superare alcuni problemi pratici che il fotografo subacqueo doveva affrontare quotidianamente, primo fra tutti la limitazione delle 36 pose – io per scattare 36 pose in medio formato dovevo portarmi tre Rollei in immersione, cosa che ho fatto centinaia di volte! – a causa della ovvia impossibilità di cambiare il rullino in immersione. Questo fatto, assieme al proliferare delle diverse tipologie di fotocamere in commercio e quindi delle diverse custodie, ha permesso finalmente a un alto numero di subacquei, dalle diverse possibilità e velleità, di avvicinarsi con successo a questa attività che un tempo era veramente di nicchia, perché riservata a pochi appassionati; oggi giorno si riesce a fare della fotografia subacquea spendendo poche centinaia di euro fino a molte migliaia, c’è solo l’imbarazzo della scelta e del portafoglio, naturalmente! Per quanto mi riguarda sono stati anni in cui ho esposto le mie gigantografie in cibachrome in varie mostre in Italia e all’estero, formando un archivio di diapositive in medio formato che conta centinaia di migliaia di immagini, fino a quando, da circa 5 anni a questa parte, mi è cambiato il mondo, dovendomi adeguare all’evoluzione – beh sembra una battuta ma, capirai che per una persona che ha avuto, come me, la fortuna che la fotografia fosse nel contempo passione e lavoro, il passaggio dall’analogico al digitale, sia stato un evento epocale – ha inciso non poco sul mio modo di produrre immagini e quindi di vivere.

Mimmo e i concorsi.
Li considero un gioco, molto importante per un fotografo che si voglia confrontare con il mondo esterno; il connubio concorsi/social network è veramente potentissimo, oramai per un appassionato come me, i Social ed i concorsi online sono degli strumenti interessantissimi per accedere continuamente ad immagini provenienti da tutti i lati del globo; la cosa era assolutamente impensabile solo 10 anni fa, gli orizzonti erano limitati ed esistevano solo poche riviste internazionali difficili da ricevere oltretutto, che davano l’opportunità di apprezzare il lavoro fotografico di altri; questa facilissima fruizione dell’ immagine digitale su internet ha purtroppo decretato la fine o perlomeno il feroce ridimensionamento dell’editoria del settore, soprattutto dei libri e delle riviste, ed è per questo che io, appassionato bibliofilo – posseggo più di 500 volumi sull’argomento – nel mio piccolo ho fondato su Facebook il gruppo Libridamare. Questo gruppo dal titolo eloquente si occupa, grazie alla fattiva collaborazione degli iscritti, della segnalazione e della recensione di tutto quello che di cartaceo è stato prodotto sull’argomento “Mare”, e rappresenta praticamente un catalogo online di migliaia di volumi fotografici, riviste vintage, incisioni, francobolli, stampe, guide di immersione, di biologia, di vela e quant’altro, facilissimo da consultare.
Ho partecipato al primo concorso solo 4 anni fa, invitato a farlo da un mio amico fotografo subacqueo Marcello Di Francesco e sono contento di poter dire, con un pizzico di immodestia che spero mi sarà perdonata, che in quattro anni di era digitale sono stato segnalato tra i primi, in oltre sessanta concorsi nazionali ed internazionali; li considero un gioco, come ho già detto, ma molto importante e formativo a patto che non diventi l’ unica motivazione che ci spinge a fotografare ancora; ho constatato che come tutti i giochi anche questo può dare dipendenza e che non bisognerebbe mai perdere di vista quello stato di “Ars gratia artis” che ci spinge a fotografare per il solo piacere di farlo, e che è il motore di qualsiasi attività – e non sport – fatta con la pretesa di avvicinarsi all’arte.

Into The Mirror
Il mio libro fotografico “Into the mirror” è il frutto della mia collaborazione con Il Punta Campanella Diving ma soprattutto dell’amicizia con il titolare Edoardo Ruspantini che ne è diventato a tutti gli effetti l’editore; ci siamo resi conto negli ultimi anni del fatto che i fondali del Golfo di Napoli erano per lo più sconosciuti alla maggior parte dei subacquei – non solo fotografi – con i quali eravamo in contatto; la dinamica di questo fatto è molto complessa, rimaneva incredibile che un luogo conosciuto per la ricchezza e la biodiversità delle sue acque, già dal settecento, frequentato da tempo immemorabile da biologi e ricercatori, sede di una delle prime Stazioni Zoologiche e di uno degli Acquari più antichi del mondo, fosse stato nell’immaginario collettivo in tempi moderni, frettolosamente archiviato come sfruttato ed impoverito dalla pesca e dall’inquinamento e non degno quindi, di essere meta di un turismo subacqueo significativo; ebbene in questo senso il libro non è altro che la testimonianza documentata fotograficamente di quello che ho potuto osservare durante le mie immersioni, nel corso di tre intensi anni; la parola “specchio” contenuta nel titolo ha il significato di un tratto di mare circoscritto del golfo di Napoli, poiché la maggior parte delle immersioni e quindi delle fotografie sono state scattate nei fondali della penisola sorrentina, nel mare sotto casa.

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