I perché di una categoria dedicata all’archeologia in una rivista per i subacquei.

A cura di Romano Barluzzi

[TS-VCSC-Lightbox-Image content_image=”3779″ content_image_size=”full” lightbox_size=”full” content_title=”Scorcio d’ingresso al corridoio d’accesso alla tomba di Ognina durante le riprese di Lineablu 2014″ attribute_alt=”false” content_image_responsive=”true” content_image_height=”height: 100%;” content_image_width_r=”100″ content_image_width_f=”300″ lightbox_group=”true” lightbox_effect=”fade” lightbox_backlight=”auto” lightbox_backlight_color=”#ffffff” margin_top=”0″ margin_bottom=”20″]

L’archeologia in campo subacqueo all’attualità potrebbe sembrare moribonda o quantomeno dormiente. L’epoca delle grandi scoperte, dei ritrovamenti di relitti importanti a profondità praticabili dai comuni subacquei sportivi è tramontata già tempo fa. Ancor prima era trapassata – e per fortuna! – l’epoca pionieristica dei subacquei improvvisati cercatori di tesori, dal profilo troppo spesso sovrapponibile a quello predatorio dei tombaroli. Ma anche le possibilità di collaborazione di esperti subacquei volontari dall’apposita formazione tecnica con le operazioni di scavo delle varie Soprintendenze sono andate progressivamente spegnendosi di pari passo con la propensione delle istituzioni a lasciare in situ i reperti, rendendoli semmai visitabili lì dove sono stati rinvenuti, pur di non incorrere nei sempre maggiori problemi (e oneri) di restauro, conservazione e musealizzazione. Perfino nelle operazioni di semplice prospezione preliminare o di monitoraggio in acqua le autorità hanno preso a rivolgersi sempre più ai vari corpi dei sommozzatori dello Stato, bypassando del tutto il comparto tecnico-sportivo civile, se si eccettuano pochi specialisti d’immersioni profonde per quei siti che lo impongono.
Dunque la situazione, almeno sul piano delle possibilità di divulgazione, potrebbe apparire deprimente e poco appetibile per i mezzi di comunicazione di settore e generalisti.
Eppure l’archeologia subacquea in quanto tale non ha perso un grammo del suo irresistibile fascino. Tanto per fare un solo esempio: fior di periodici hanno totalizzato cifre di utenti da capogiro con la pubblicazione delle operazioni subacquee che hanno di recente portato alla luce – in foto e videoriprese subacquee – l’intera città perduta di Heracleion-Thonis sul delta del Nilo, nella baia di Abukir, a pochissimi metri di profondità. Proviamo a trovare una spiegazione a tutto questo.
La chiave
Cercando di esprimere una possibile chiave per comprendere questo fenomeno, tra l’altro in buona parte “mediterraneo” dato il crogiuolo di genti e l’intreccio di civiltà che da sempre si affacciano su queste sponde, ci siamo imbattuti in una citazione – da “Senza volo”, di Federico Pace, Einaudi – «I luoghi hanno un legame segreto con la memoria. A noi quel legame non viene svelato fino a quando siamo ormai lontani da quel tempo e da quello spazio. Fino a quando in un inatteso momento del presente i ricordi cominciano a riemergere dagli abissi del passato come palombari rimasti sotto acqua troppo tempo». Un luogo, un monumento, un manufatto datati qualche migliaio d’anni possono allora essere considerati come l’espressione del ricordo di una coscienza collettiva del passato più remoto, una sorta di traccia innata dell’impronta che fu; tale traccia talvolta si risveglia e diviene così una consapevolezza nuova. Un piacere da provare e al quale non sembra giusto rinunciare. Vediamo allora se non possano esistere forme di archeologia sommersa ancora praticabili, addirittura accessibili a tutti.
Una modalità c’è e viene indicata con varie espressioni, di recente coniate qua e là sui media del settore, come “archeo-snorkeling”, “archeo-trekking acquatico” e simili. Tentativi di rappresentare un concetto semplice ma non poi così scontato, anzi perfino ancora largamente sconosciuto: visitare in maniera mista tra acqua e terraferma quei luoghi che presentino vestigia di un passato lontano riconoscibili in quella fascia costiera a cavallo tra i primi metri di territorio emerso e i primi metri sotto il pelo dell’acqua. Luoghi in cui con la semplice dotazione di un paio di pinne, una maschera e uno snorkel e con appresso pochi oggetti utili in una sacca galleggiante – anche soltanto scarpette di gomma e acqua potabile – in buona stagione si può perlustrare un esteso tratto di costa, alternando qualche pinneggiata di snorkeling a qualche passo su terraferma. Per osservare – talvolta scoprire – l’inimmaginabile. Seguiteci nel primo di questi luoghi incantati e vi sorprenderemo.

Archeologia subacquea fai da te
Nella località chiamata Ognina, vicino a Siracusa, davanti alla foce di un ex-fiume oggi divenuta una specie di comodo fiordo-canale navigabile ospitante una piccola nautica turistica e da pesca e due diving center, c’è l’isolotto omonimo. La sponda dell’isolotto che guarda verso costa, un tempo collegata alla terraferma da una strada che correva sopraelevata sul mare e oggi si trova invece completamente sott’acqua – da pochi centimetri a un paio di metri, tanto che è tutta perfettamente ancora visibile già dalla barca – reca l’ingresso addirittura di una tomba monumentale a grotticella (tarda età del bronzo, circa 1.500 a.C.). Questo accesso è ben individuabile dal mare e si può raggiungere restando in snorkeling o addirittura camminando leggermente inchinati in quanto presenta un corridoio di sezione trapezoidale allagato per metà. Ai lati del corridoio si aprono due slarghi, uno per parte, come delle cappelle. Ma la sorpresa è in fondo al corridoio che sfocia nella camera sepolcrale: un largo cilindro un tempo soverchiato da una cupola che sporgeva sorretta da colonnette al di sopra del piano di calpestio naturale dell’isolotto (poi certamente crollata nella camera stessa). All’esterno sull’isolotto – su cui è possibile salire e camminare – ci sono ancora le tracce di infissione delle colonnette che reggevano la cupola, mentre il cilindro della camera sepolcrale è rimasto a cielo aperto e da dentro, con l’acqua all’altezza del torace e i piedi appoggiati sull’ex pavimento del sepolcro, ci si può soffermare a osservare i giochi di luce che il sole crea nell’acqua. Oppure, dato che la circonferenza della camera – al contrario del corridoio dove si transita uno alla volta – permette la sosta fino a quattro persone ci si può divertire a sentire cosa succede al suono della propria voce parlando con un amico. Ma il vero pregio – possiamo garantirvelo – è semplicemente quello di trovarsi proprio lì, in quel momento! Perché non si può negare di provare qualcosa di assai particolare nell’essere in un luogo così suggestivo. Anche la spettacolarità dell’insieme è assicurata: l’anno scorso una puntata della nota trasmissione Lineablu s’è occupata della zona e ha trasmesso un report della conduttrice Donatella Bianchi che entrava nella tomba dal mare e poi parlava con i collaboratori direttamente dall’interno dell’antro cilindrico. Ebbene, nei giorni subito dopo la messa in onda, avvenuta alla fine di agosto (noi eravamo sul posto), ci fu tutta una serie di persone che si avvicendarono a chiedere informazioni sull’ “immersione nella tomba allagata” e si notarono molte imbarcazioni gironzolare nei paraggi dell’isolotto per individuare il misteriosissimo ingresso. Evidentemente un autentico “stargate” del mare.
E non è finita: informandosi di escursioni via mare in zona ci si accorge che l’intera area è stata ed è al centro di studi archeologici per una serie di altri siti costieri del neolitico (del VI o V millennio a.C.) che in seguito a fenomeni di bradisismo sono finiti di poco sotto le onde e si lasciano oggi visitare proprio in modalità maschera e pinne nonché con brevi camminate fuori dall’acqua.
Un insospettabile osservatorio a cielo aperto su un excursus temporale di “appena” 8.000 anni.

Cautele per la visita
Alcune precauzioni sono indispensabili per autogestirsi una visita di archeo-snorkeling in queste zone.
-Percorrere in snorkeling quello che un tempo era l’istmo di congiunzione dell’isolotto di Ognina con la terraferma, benché facilissimo, presenta il rischio delle imbarcazioni da diporto in transito data la vicinanza con l’imboccatura del fiordo-canale. Infatti, anche se la scarsissima profondità dissuade i natanti dal passaggio tra l’isolotto e la costa e li induce a entrare e uscire dal porticciolo passando all’esterno dell’isolotto, qualche incauto sconsiderato che “taglia” il percorso c’è sempre. Occorre premunirsi almeno con il pallone recante il segnale internazionale di sub in mare ben avvistabile (bandierina correttamente issata) e guardarsi sempre bene intorno.
-Specialmente in stagione estiva, date le temperature che la zona raggiunge, bisogna avere appresso un’adeguata scorta d’acqua potabile a seconda della durata dell’escursione e anche se la si compie quasi completamente in acqua: la permanenza in mare infatti, pur dando refrigerio soggettivo, non mette al riparo dalla disidratazione di cui anzi è uno dei fattori di rischio. Un paio di bottigliette da mezzo litro ciascuna basteranno.
-Il corridoio d’accesso alla tomba è di larghezza precisa per una sola persona alla volta: nonostante il moto ondoso – trovandoci sul versante rivolto a terra – resti sempre modesto, se c’è un po’ di onda è meglio desistere al fine di scongiurare il rischio di dolorosi strofinamenti accidentali sulle pareti. Inoltre, l’interno della camera sepolcrale presenta talvolta sulla circonferenza del livello dell’acqua organismi marini tipici di questa fascia, come i pomodori di mare (Actinia equina), bellissimi ma urticanti: basta stare attenti a non toccarli a pelle nuda ed è facile in quanto ben avvistabili nel loro caratteristico color rosso. Idem per evitare punture dai più conosciuti ricci di mare (Arbacia lixula).

I prossimi appuntamenti
Dopo la necessaria introduzione sullo status dell’archeologia sommersa nel nostro Paese dal punto di vista del subacqueo potenziale “fruitore culturale” della materia abbiamo fatto un solo esempio pratico in quanto ci appariva quello adatto a illustrare le opportunità offerte da ambienti con similari caratteristiche di approccio.
Ne seguiranno presto altri di percorsi interessanti e in cui chiunque possa cimentarsi, con l’assistenza di guide abilitate nelle zone a parco marino o area protetta in cui sono state istituzionalizzate queste visite; oppure in altri ambienti anche nel più genuino e spontaneo fai da te pur se sempre con i giusti accorgimenti.
Naturalmente con questo genere di articoli affiancheremo quelli più propriamente tecnici e scientifici che non mancheranno comunque.
Restate connessi, provate per credere e partecipate: se conoscete siti a vostro parere adatti non esitate a segnalarceli, vi pubblicheremo insieme al vostro stargate del cuore!

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