Si è svolto sabato 24 ottobre, presso la sala di rappresentanza del Comune di Bolzano, il convegno “Palombari, uomini e parole dal fondo”.

A cura della Redazione – foto Leonardo D’Imporzano

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In una location insolita, come solo un Paese conosciuto per le sue montagne e le sue piste innevate può essere, ecco invece la graditissima sorpresa di avere una sala piena di gente attenta e interessata a una tematica della subacquea che lascia per buona parte la pratica per arrivare alla tradizione e alla storicità.
Il convegno, organizzato dall’associazione H20, ha visto la partecipazione nel ruolo di relatori del C.F. Giampaolo Trucco, ufficiale di Comsubin, che ha intrattenuto il pubblico con un excursus sulla categoria dei palombari, con la proiezione di video e immagini dei più recenti interventi che hanno visto coinvolto il Gruppo Operativo Subacquei della nostra Marina Militare.
Il giornalista Leonardo D’Imporzano, primo giornalista “embedded” del corso ordinario palombari, che ha raccontato e presentato il suo libro “PALOMBiRO – pagine dal fondo”, edizioni Magenes, nel quale ha tracciato, avendole provate in prima persona su sé stesso, le difficoltà e soprattutto le motivazioni che portano un ragazzo a compiere un percorso formativo di ben 44 settimane con aneddoti curiosi, fotografie divertenti che hanno catturato l’attenzione dei partecipanti e quant’altro.
Ultimo relatore, ma non per importanza, Fabio Vitale, storico della subacquea che ha presentato, forse per la prima volta, un excursus sulle marine estere, dal Giappone agli Stati Uniti, passando per la Marina tedesca e persino della Marina russa.
Le molteplici domande sono state coordinate da Thomas Tienfenbrunner, moderatore e vera anima organizzativa del convegno, che si è allungato ben oltre i tempi ipotizzati (ma senza annoiare nessuno, anzi!), a segnalare ancor di più come davvero la subacquea possa coinvolgere il pubblico.
Ai partecipanti, anche l’occasione di poter provare l’emozione di indossare un autentico elmo da palombaro, con l’immancabile foto ricordo.
A noi sembra opportuno lasciare la parola proprio a Leonardo D’Imporzano per la peculiarità di quanto ha fatto come giornalista “embedded”, alias “aggregato a forza armata”. Ecco la sua testimonianza riemergere alle nostre domande.

Leonardo D’Imporzano in pillole: subacqueo; giornalista scientifico, sportivo e embedded; autore e scrittore; social media manager; … what else?
«Direi anche troppo! Mi piacerebbe essere un Gianni Roghi dei giorni d’oggi, ma il rischio è di essere come il Cyrano di Bergerac: “che in vita sua fu tutto e non fu niente”. Diciamo quindi solo un subacqueo con la passione per il giornalismo, visto che le bollette le pago con un altro lavoro.»
In questo caso, anche auto-inviato speciale in mezzo alla Marina Militare, addirittura al ComSubIn-Comando Subacquei Incursori, primo giornalista accreditato da civile a frequentare il corso annuale palombari della MMI… un qualcosa ammantato di leggenda per ogni subacqueo e per tutte le marinerie del mondo! Come t’è venuta questa idea?
«Se ti appassiona oltre alla subacquea la storia della subacquea stessa, finire per interessarsi del mondo della subacquea della Marina Militare Italiana è come andare al fulcro della Storia, nasce tutto da lì e dalla base del Comsubin. Per capire quello che fanno e come lo fanno, in luce soprattutto al mantenimento della tradizione assieme all’innovazione, l’unica chance era quella di farmi ammettere quale “privilegiato osservatore”.»
Scrivere un libro su questa esperienza è stata l’idea nell’idea… è maturata frequentando il corso o ti sei “fatto arruolare” apposta?
«Mi sono fatto “arruolare” apposta. In realtà questa grande opportunità, oltre che allo Stato Maggiore della MMI, artefice dell’autorizzazione a varcare il cancello del Varignano, è frutto soprattutto della disponibilità degli ufficiali e degli istruttori di Comsubin.»
Com’è stato il rapporto con i “commilitoni”? E con i “superiori”?
«Sono partito come il palombaro nero di “Men of Honor”, avete presente? Ecco, il primo giorno ho pranzato in un tavolo da solo, istruttori da una parte e allievi in un altro. Lo scoramento per il progetto ha forse toccato in quel momento il massimo. Poi giorno dopo giorno, complice il fatto che hanno capito qual era l’idea del mio lavoro e soprattutto il fatto che mi sono confrontato alla pari, cercando quindi di mettermi sullo stesso piano, saggiando le difficoltà, le paure e – perché no? – anche il freddo e la pioggia, ha fatto si che mi accettassero “in famiglia”! Tanto che alla fine del corso, nel crest sulla “Hall of Fame” della subacquea, il muro di Cala Sub dove ogni corso mette la propria targa, ecco, nel corso “Orion” tra gli special guest, c’è anche il mio nome!»
Da sportivo praticante quale sei tuttora, sarai stato competitivo nelle numerose prove d’impegno fisico e atletico del corso… come andavi da uno a dieci?
«Prove superate! Dire da uno a dieci è troppo difficile, non mi sbilancio, anche perché la vera difficoltà è superare la costante fatica a cui si è sottoposti ogni giorno. Dalla sveglia prima dell’alba all’attività che talvolta si protrae anche ben dopo la mezzanotte. È lo stress, la vera prova! Ed è quello che poi nel corso viene testato maggiormente! A Comsubin possono arrivare davvero persone che non sono capaci ad immergersi, quello te lo insegnano, quello che un allievo deve veramente metterci è solo l’impegno, la determinazione e la passione.»
Le cose che ti aspettavi già prima di cominciare e quelle che invece proprio non immaginavi d’incontrare?
«Il numero delle specializzazioni che oggi contraddistingue un palombaro. Cioè, che ci fossero lo sapevo, ma quante fossero… quello davvero no! Dalla conduzione di natanti a tecnico iperbarico, dalle abilitazioni per le varie immersioni con miscele alla specializzazione base per gli esplosivi…»
Il momento o il fattore più difficile o impegnativo da superare? Anzi, due: dimmene uno che hai trovato da solo la forza di superare e uno in cui invece sei stato aiutato, incoraggiato, internamente o dall’esterno.
«È stato nelle prime settimane. Quando non avevo ancora legato con gli istruttori e il gruppo, prima che avessi la possibilità di provare quindi molte delle attrezzature. Mi sembrava che il lavoro stesse rallentando! L’aiuto di molti, che cito tra i ringraziamenti, è stato fondamentale per andare avanti. Uno da solo? Mah, i momenti nei quali ho dovuto trovare da me la forza per andare avanti… e non sono stati pochi. Forse quello più banale, durante la prova di nuoto pinnato dei 6.000 metri. Era metà novembre, faceva davvero freddo e c’era anche un po’ di onda lunga in un mare tra il verde e il marrone. A un certo punto mi sono trovato a pensare… “ma a me, chi mi obbliga davvero a finire la prova?”»
Qualche grossa paura o spavento del momento?
«Proprio spavento direi di no! L’ansia invece si, era quella di farmi trovare sempre pronto! Paura quindi di non poter cogliere la chance che mi veniva data essendo unica! Qui ho imparato a fidarmi molto di più di chi avevo intorno. Attenzione, non da incosciente, ma attraverso il vero insegnamento che ho avuto la fortuna di apprendere a Comsubin: quello di imparare a valutare le mie capacità e di applicare correttamente quello che mi è stato insegnato e soprattutto di non aver paura a dire “non me la sento”.»
I tre ricordi più belli e tra questi il migliore in assoluto?
«In ordine sparso. Sicuramente quando ho provato lo scafandro tradizionale, l’A.N. Farlo al Comsubin, è stato come realizzare un sogno! Ad oggi solo 3 civili hanno ufficialmente avuto questo onore: Nino Pellegrini nel 1931, Umberto Pelizzari e il sottoscritto!
Vedere il crest appeso con il mio nome inciso sopra.
I genitori dei ragazzi che nel giorno del brevetto mi hanno avvicinato per dirmi come gli articoli che avevo fatto per il blog della Gazzetta dello Sport erano stati davvero utili per capire finalmente cosa facevano durante quei lunghi mesi i loro figli e le motivazioni che li spingevano a questi mesi così impegnativi.»
E’ stato più difficile farti accreditare a frequentare il corso o convincere i vari gradi a darti tutti i via libera necessari per fare il libro, citarli, fotografarli ecc?
«Senza dubbio ad avere il via libera per la pubblicazione! Le fotografie il vero problema. Abbiamo dovuto controllarne una ad una perché non ci fosse materiale sensibile ripreso nello sfondo. Tante, per questo motivo, le abbiamo dovuto scartare a malincuore.»
Perché un giovane oggi dovrebbe cercare di frequentare il corso per diventare “palombaro di Marina Militare”? E in ogni caso il tuo libro gli consiglieresti di leggerlo prima o dopo?
«Bella domanda! Penso che il vero motivo sia sempre e soprattutto personale. Il mio, sarebbe diverso dal tuo o di chi leggerà l’intervista!
Direi prima, dopo, per un palombaro sarebbe ritrovare quello che ha vissuto durante il corso. Prima gli permette di capire davvero un po’ cosa si prova e cosa lo aspetta.»

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