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Ci sono sottomarini che appartengono alla Storia al punto da diventare autentiche macchine del tempo. Il Trieste ne rappresenta probabilmente il caso più emblematico. E allora ecco intanto cosa accadrà il 27 agosto prossimo nell’incantata città del vento. Non perdetevi lo spettacolo!

di Romano Barluzzi

[TS-VCSC-Lightbox-Image content_image=”16093″ content_image_size=”full” content_title=”Boa segnasub e barche… ecco un’attrazione fatale ma solo per il sub” lightbox_effect=”fade” margin_bottom=”20″]

La foto d’apertura evoca uno scenario immaginifico ma non poi così fantasioso né inverosimile. Cos’è che lo rende in qualche modo “possibile”? Se non letteralmente – al di là del bell’effetto ottico delle pozzanghere di pioggia, piazza dell’Unità d’Italia (una delle più belle piazze nazionali ed europee) non è certo “navigabile” – almeno simbolicamente?

Già, perché vedete, si dà il caso, a quanto pare, che prima o dopo possa davvero accadere l’incredibile, e cioè che il batiscafo Trieste o ciò che di più autentico ne rimane faccia ritorno in patria! Quel che è certo è che c’è già chi si sta dando un gran da fare per compiere quest’impresa.

Ma torniamo un attimo all’ultima edizione della manifestazione MareNordest che, com’è noto, dovette svolgersi esclusivamente in via telematica, dato il periodo ancora definibile “COVID” – vedete bene dal nostro articolo a tema precedente che si trattò della fine di maggio, mentre le ultime riaperture complete dopo la fase COVID più acuta furono nella prima metà di giugno – e vigevano ancora tutti i divieti circa gli eventi “in presenza”.

Nell’ultima parte di tale evento, proprio come il classico “dolce in fondo”, furono fatti dagli organizzatori protagonisti di MareNordest Virtual, unitamente all’autore del libro “Il Trieste”, Enrico Halupca, e al suo editore Alberto Gaffi di Italo Svevo-Germogli Edizioni, una serie di interventi che realizzarono una sorta di sintesi della situazione.

Per delinearne i contorni in breve, ripartiamo un attimo proprio dal libro: perché le sue pagine rievocano con dovizia di informazioni documentali i precedenti e il retropensiero che portarono nell’immediato ultimo dopoguerra – tra il 1948 e il 1955 – a maturare quelle condizioni di risorse materiali, logistica, tecnologia e rapporti umani tali da costruire le basi per un’impresa leggendaria: la discesa dell’uomo nel punto più profondo dell’Oceano, nella Fossa delle Marianne.

Cosa che in realtà avvenne poi nel 1960, quando l’appartenenza del Trieste era passata alla marina USA; ma il celeberrimo batiscafo, nato in mani italo-svizzere, aveva compiuto prima di quella altre due imprese storiche sotto bandiera italiana, e cioè le due discese record in Mediterraneo, il 26 agosto del ’53 a – 1.080 m di profondità a Sud di Capri; e poco più d’un mese dopo, il 30 settembre, con addirittura i – 3.150 m di discesa nella Fossa Tirrenica, al largo dell’isola di Ponza.

Tanto che è lo stesso editore Alberto Gaffi ad aver rievocato già nell’ultimo MNE un aneddoto legato proprio alle prove della discesa record compiute a Ponza e riferite da Isidoro Feola (il cui albergo di famiglia ospitò Piccard nell’anno dei primi record d’immersione del batiscafo, appunto).

Il libro dal titolo “Il Trieste” ha del resto riportato alla luce informazioni contenute nei documenti riservati – e rintracciati dall’autore Enrico Halupca – del visionario pacifista triestino Diego De Henriquez che convinse i due scienziati svizzeri Jacques e Auguste Piccard a puntare sulla città adriatica per realizzare quel progetto scientifico senza precedenti di far scendere l’Uomo nel punto più lontano dalla superficie del Mare, una sorta di ultima frontiera inesplorata del pianeta Terra.

Tutto ciò mentre lo Staff di Mare Nordest – i suoi dirigenti Roberto Bolelli e Edoardo Nattelli – ha ricordato per l’occasione l’impegno di portare a Trieste il batiscafo, conservato nell’U.S. Navy Museum di Washington del quale rappresenta la principale attrazione; e Don Walsh, della U.S. Navy, il pilota che condusse a bordo del batiscafo assieme a Jaques Piccard l’indimenticata immersione del record (rimasto insuperato addirittura fino all’agosto dello scorso anno, per la bellezza dunque di quasi 60 anni, e quest’anno sarebbe stato proprio il 60°).

Gli organizzatori di MNE hanno raccontato al pubblico di come, dopo la precedente edizione 2019 della manifestazione – quella per intenderci dei tuffi dalle grandi altezze – si fossero messi in contatto con il suddetto Museo americano, dal quale avevano ricevuto risposta grande disponibilità all’idea ma al contempo un gentile diniego per impossibilità tecniche e logistiche insormontabili.

In sostanza, la direzione del museo spiegava ai nostri – con dovizia di particolari – come il museo stesso fosse stato praticamente “costruito attorno” al batiscafo; al punto che per farlo uscire dall’edificio si sarebbe dovuto “aprire” l’edificio stesso! (Il che, detto inter nos, fa riflettere non poco su quanta propensione abbiano in più di noi negli USA per la conservazione, la cura d’immagine e la fruizione mirata dei loro beni storici!…).

Diversamente era andata per l’invito rivolto al pilota dell’impresa, Don Walsh, di presenziare all’edizione 2020 di MNE, che egli aveva accolto con disponibilità ed entusiasmo, tanto da arrivare a pianificare con i nostri anche i termini del viaggio e il resto: dopodiché, come purtroppo sappiamo, ci ha pensato COVID-19 a far saltare il tutto.

Quei contatti sono tuttavia sopravvissuti anche al coronavirus SARS-Cov-2 e c’è da scommettere che troveranno il modo d farci sognare ancora il prossimo giovedì 27 agosto allorché, nell’ambito della rassegna partita il 5 luglio scorso e che proseguirà per tutto autunno, denominata “Science in the City Festival”, alle ore 17:30 con proseguimento fino alle ore 20:00, avrà luogo la conferenza spettacolo dal titolo “L’avventura del batiscafo Trieste” presso l’Auditorium del Museo Revoltella – Via Armando Diaz 27, Trieste.

L’evento, curato da Italo Svevo Edizioni e dal suo stesso editore Alberto Gaffi, con anche il format Carta vetrata (www.carta-vetrata.it), rubrica giornalistica interattiva dedicata al mondo del libro e della letteratura a cura di Gianfranco Terzoli, comprenderà naturalmente una ripresentazione in grande stile del libro “Il Trieste” e del suo autore Enrico Halupca; in più, le news e le prospettive maggiormente avanzate circa il sogno tangibile di rivedere il Trieste proprio in questa magica città che ne tenne i natali.

Dopotutto è lo stesso autore Enrico Halupca, da noi raggiunto telefonicamente poco tempo addietro, ad averci rivelato personalmente alcune possibilità alternative, come quella che: «Se il batiscafo Trieste a Washington non è removibile, si potrebbe in alternativa spostare la cabina sferica forgiata alla Terni con cui venne fatto il record nella Fossa tirrenica e che ora giace accanto al Trieste, credo poco notata dai visitatori del museo di Washington. Quella sì che si può spostare e riportare in Italia!»

«La serata porterà alla ribalta – cita testualmente l’annuncio online – le invenzioni, i personaggi e le loro lungimiranti visioni, che hanno influenzato successive scoperte di rilevanza mondiale. Nello sfondo il grande tema dell’uso benefico e pacifico delle invenzioni scientifiche. Saranno proiettati filmati attinenti agli argomenti trattati e verrà proiettato il video promo che anticiperà il più ambizioso progetto di una docu-fiction sull’argomento del batiscafo Trieste. Come si può cogliere nel sito: https://events.scienceinthecity2020.eu/it/lavventura-del-batiscafo-trieste ».

«Il Museo del Mare di Trieste – conclude Enrico Halupca – sarebbe il luogo ideale per creare un allestimento permanente del Batiscafo Trieste, con una ricostruzione 1:1 del Batiscafo del 1953 e con la sfera originale della Terni gentilmente messa a disposizione da Washington… Chissà che qualcuno con buone possibilità contrattuali sia indotto ad abbracciare un’idea così bella che onorerebbe degnamente la memoria dei protagonisti di quell’impresa e la farebbe rivivere nella città dove è nata. Compito di chi si occupa di comunicazione è anche proporre sogni fattibili, capaci di evocare grandi energie, come del resto fece De Henriquez con Piccard.»

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