Lo straordinario documento alle origini del mito di Hans Hass: il diario della sua assistente Lotte. Poi diventata la signora Hass. (Ab Heute bin ich einen Man, tratto da “Ein Mädchen auf dem Meeresgrund” Lotte Hass, 1970).

A cura e traduzione di Rossella Paternò. All photographs courtesy The Hans Hass Institute – All rights reserved.

[TS-VCSC-Lightbox-Image content_image=”2880″ content_image_size=”full” lightbox_size=”full” content_title=”1952, Lotte fotografata durante un viaggio in Australia” attribute_alt=”false” content_image_responsive=”true” content_image_height=”height: 100%;” content_image_width_r=”100″ content_image_width_f=”300″ lightbox_group=”true” lightbox_effect=”fade” lightbox_backlight=”auto” lightbox_backlight_color=”#ffffff” margin_top=”0″ margin_bottom=”20″]

All’inizio di quest’anno ci ha lasciato un altro pioniere della subacquea: Lotte Hass.
Charlotte Baierl, questo era il suo nome da signorina, fu la prima donna a rompere il tabù per cui le immersioni erano esclusivamente cosa da uomini!
Si impose dapprima come modella subacquea, scontrandosi contro innumerevoli resistenze, soprattutto da parte di Hass stesso, e poi come fotografa subacquea aprendo la strada a tutte le donne che seguirono dopo di lei.
Il successo dei film “Abenteuer im Roten Meer” (1950, Under the Red Sea) e “Unternehmen XARIFA” (1954, Under the Caribbean), Hass lo deve a lei. Le spettacolari scene che la ritraggono mentre si immerge impavida con gli squali, con le mante e con tutti gli altri abitanti del mare hanno reso memorabili i film di suo marito e campioni di incassi.
Girati come dei documentari, ma presentati al pubblico come veri a propri film d’avventura: questa commistione funzionò sorprendentemente bene.
Il loro primo film insieme fu anche premiato alla mostra internazionale dei cinema di Venezia nel 1951.
Nel 1956 esce la loro serie di telefilm girata per la BBC “Diving To Adventure”, la prima nel suo genere, che riscosse un grande successo di critica e di pubblico.
Così brava nell’acqua e così piena di charme fuori.
Le riviste degli anni ’50 facevano a gara a dedicarle una copertina. Ricevette anche diverse proposte da Hollywood che ovviamente declinò, preferendo la famiglia al successo. Da quel 1950, dopo averlo conquistato, rimase fedelmente vicino a suo marito Hans, con il quale è stata sposata per 62 anni.
Nel 1958 nasce la loro figlia Meta e Lotte si ritira a vita privata per dedicarsi completamente a lei. Ma rimarrà sempre la consigliera di Hass in tutti i suoi progetti, pur lontana dalle scene.
E’ stata la prima donna europea ad essere accolta tra le “Woman Divers Hall of Fame”, oltre ad aver ricevuto numerosi altri riconoscimenti nel corso della sua vita.
Nel 1970 pubblica il suo diario scritto durante la spedizione in Mar Rosso in un libro “Ein Mädchen auf dem Meeresgrund” (la versione inglese “Girl on the ocean floor” viene pubblicata nel 1972).
Ecco le parole del diario di Lotte.

«Port Sudan, 4 Aprile. Da oggi sono un uomo…»
Quando con queste parole iniziai le mie annotazioni, ancora non sapevo che il diario, una volta mio rifugio, sarebbe diventato il mio unico amico durante questa spedizione. Quando mi rintanavo con i miei pensieri nelle pagine ancora non scritte, per alcuni istanti potevo essere quello che in realtà ero: una ragazza di diciannove anni, con più sentimenti romantici di quanto io stessa volessi confessare; né temeraria, né intrepida, ma ambiziosa, con una grandissima forza di volontà ed un spiccato senso di giustizia; una ragazza che a casa, a Vienna, attraverso i libri aveva sognato avventure. All’improvviso ero finita io stessa dentro un’avventura.
Ero in piscina che mi stavo rosolando sotto il sole. Nelle ultime settimane avevo sgobbato molto, ma ora era tutto passato, il diploma era alle mie spalle. Mi aspettava un lungo periodo di ferie! E in autunno sarei andata all’Università.
«A proposito, Lotte», mi disse un’amica «Hans Hass cerca una segretaria. Non sarebbe quello che fa al caso tuo?»
«Ma tu sai già che io voglio studiare! Non ho la minima intenzione di chiudermi in un ufficio a battere lettere a macchina.»

Mi girai dalla schiena sulla pancia e sentii i raggi del sole che scottavano sulla mia pelle.
Hans Hass era il mio, il nostro idolo; l’idolo della mia classe, dei miei amici – della gioventù. Il suo libro «Tra coralli e squali» lo avevamo divorato tutti con entusiasmo. Pensavo alla tenda solitaria in quella piccola isola del mare dei Caraibi in cui lui e i suoi due compagni – desiderosi di avventura quanto lui – hanno vissuto per mesi. Pensavo alle meravigliose, bizzarre barriere coralline, alle fotografie di qualche curioso pesce colorato, che sembravano nate dal pennello di un pittore moderno. Pensavo alla spaventosa lotta che Hass aveva ingaggiato con una murena di due metri. Mi immaginavo infine, come si fosse gettato oltre la barriera in acquee più profonde, come fosse inciampato e caduto tra i ricci di mare e come la murena si fosse avvicinata a lui.
«Per quale motivo sta cercando una segretaria …?» domandai.
Poi tutto accadde molto in fretta. Alcuni minuti più tardi tornò il mio ragazzo. Lui conosceva il Dr. Hass personalmente e semplicemente gli telefonò.
«Hass ti aspetta tra mezz’ora. Mi ha chiesto se tu sai stenografare. Puoi sempre rifletterci su ancora…»

Non avevo neppure il tempo di andare a casa per cambiarmi. Così con le ciabatte da spiaggia, il costume da bagno sotto il vestito, sono saltata sul tram. Ero molto curiosa, ma anche un po’ a disagio.

Non sapevo come si sarebbe dovuto presentare un ricercatore degli abissi in privato; ad ogni modo rimasi piuttosto delusa. Avevo visto Hass solo nelle fotografie e nei film: abbronzato, con la maschera e con i capelli bianchi ossigenati e arruffati. Ora indossava una giacca da caccia verde ed assomigliava piuttosto più ad una guardia forestale. Era molto gentile, però era di fretta. Il nostro colloquio non durò a lungo.

«Suppongo lei sappia scrivere velocemente a macchina?», mi disse.
«Non molto velocemente« risposi. »Ho solo bisogno di esercitarmi un po’.»
«E sa stenografare?»
«Lo imparo in fretta…»
La mia candidatura non risultò molto convincente. Ma volevo veramente essere assunta? Io veramente volevo andare in ferie ed in autunno iniziare l’università.

Il Dr. Hass mi sembrava pensieroso. «Avrò bisogno di lei a partire dall’autunno. Così avrebbe ancora un po’ di tempo.»
Io annuii ed ero sorpresa dalla mia ansia. «Se mi iscrivo subito ad un corso di stenografia, per fino agosto sarò bravissima.»
«Va bene allora, proviamo. Può iniziare il primo settembre.»

Solo quando fui per strada realizzai la decisione che avevo appena preso. Fino ad un’ora prima ero decisa a studiare zoologia. Ora ero una segretaria.

I miei genitori fino a questo momento non si erano mai intromessi nei miei piani per il futuro. Ma questa decisione non li avrebbe resi certo molto felici.

«Vuoi quindi passare tutta l’estate a Vienna?» disse mio padre scuotendo la testa. «E qual è il tuo stipendio?»
Dovetti ammettere che di questo proprio non ne avevamo parlato.

In autunno dovetti riconoscere che le mie segrete speranza non si sarebbero mai realizzate. Hass riceveva centinaia di lettere: giovani e vecchi lo volevano accompagnare nelle sue spedizioni, e un terzo delle proposte erano da parte di giovani ragazze.

Quando rispondemmo alla lettera di una giovane insegnante di educazione fisica di Berlino, Hass disse: «sarebbe sicuramente una persona qualificata. Ma non porterei mai una donna con me nella spedizione. Sarebbe la fine. «Perché? Pensa che una donna non potrebbe essere altrettanto tenace, coraggiosa e affidabile?»
«Assolutamente. Ne sono profondamente convinto. Ma una spedizione è semplicemente una cosa che deve essere fatta con uomini. Appena c’è una donna nelle vicinanze diventa tutto problematico. Anche se lei è tenace, coraggiosa ed affidabile. È un problema degli uomini.»

Ma io non mi lasciai intimidire. Ogni mattina prima di andare in ufficio, mi allenavo nuotando in piscina per mezz’ora. Visto che lo facevo in un orario abbastanza insolito, riuscivo anche a mantenere il segreto con i miei amici.

Hass stava preparando una spedizione in Mar Rosso. I suoi pensieri giravano incessantemente intorno ad un solo ed unico argomento: l’allestimento di una nave da ricerca. Si era avvicinato alle immersioni come sport e come scopritore. Nel frattempo era diventato biologo e vedeva in loro una nuova possibilità per la ricerca scientifica. Fino a quel momento gli animali marini erano stati studiati solo in acquario, quindi al di fuori del loro ambiente naturale. Lui li voleva studiare muovendosi tra di loro come se fosse lui stesso un animale marino.

La barca doveva essere sufficientemente grande da poter ospitare, oltre all’equipaggio, da sei a otto tra scienziati e fotografi. Doveva essere una piccola stazione di ricerca galleggiante che si poteva ancorare direttamente sulla barriera corallina. Hass aveva già fatto un elenco di tutto il materiale che occorreva: gli strumenti per il laboratorio, le atrezzature subacquee, le cineprese nelle loro custodie stagne e apparecchi speciali. Le risorse finanziarie per questa barca voleva procurarsele grazie ad un film. Il Mar Rosso era il mare più caldo del mondo e lì ci sarebbero dovute essere barriere coralline particolarmente belle. Fino ad ora non si era ancora arrischiato nessuno in Mar Rosso: le coste erano infestate da squali.

In primavera andavo in barca a vela sul Danubio con il mio amico Harry. Il fratello di Harry, Gerry, voleva assolutamente partecipare alla spedizione di Hass. Era un ottimo nuotatore e sommozzatore – era un vero spavaldo.

«Si pagherebbe da solo la sua parte di viaggio.» diceva Harry «Chiedi al tuo capo.»
Organizzai un incontro e ad Hass Gerry piacque.

«Penso che questo giovane uomo sia assolutamente perfetto per il film» disse. «Vogliamo catturare anche un paio di grossi pesci; lui non avrà di sicuro paura.»

Quando Gerry seppe, che la sua partecipazione era stata presa in seria considerazione, iniziò a comportarsi come un pallone gonfiato. Non si poteva più parlare normalmente con lui. Voleva afferrare per la coda razze giganti e lamantini e farsi tirare. Fece anche realizzare un arpione speciale con il quale voleva sparare agli squali. Si allenò ogni ora libera e raccontò a chiunque lo volesse ascoltare come si sarebbe dato da fare nell’harem sudanese.

Ero furente. Io sarei dovuta invece restare in ufficio ad inviare lettere. Mi sarei dovuta occupare di integrare l’equipaggiamento, di far sviluppare le pellicole, di distribuire foto alle riviste ed altre cose simili. Io ero una ragazza, quindi la mia partecipazione era assolutamente fuori discussione.

Quando Hass si recò in Sudtirolo per tenere una conferenza, io organizzai una spedizione privata. Ora sapevo esattamente come funzionava una macchina fotografica subacquea e sapevo immergermi perfettamente; quando serviva potevo trattenere il fiato fino a due minuti. Con pinne, maschera e fotocamera mi recai su un ramo morto del Danubio, tutta sola. Era autunno inoltrato, in un giorno infrasettimanale e tutto era morto. Con la macchina fotografica subacquea scivolai dentro a una giungla sottomarina.

L’acqua era molto fredda ma limpida. In estate era molto torbida, ora la magia nascosta del mondo sommerso era venuta alla luce. Il fondale si trovava tra i cinque e gli otto metri e in alcuni punti le alghe crescevano come foreste fino alla superficie. Brulicava di pesci grandi e piccoli – enormi lucci, tinche e carpe.

All’inizio i pesci erano timidi. Ancor prima che potessi premere sul pulsante di scatto, erano già spariti nel groviglio di alghe. Tutto dipendeva dal fatto che pinneggiavo con troppa veemenza. Mi mossi allora più lentamente. Mi lasciavo scivolare silenziosamente sul fondo e mi muovevo con molta attenzione tra le alghe con la macchina pronta per scattare. Un paesaggio meraviglioso! Le alghe, come giganteschi alberi tropicali, crescevano verso l’alto e si perdevano nella patina argentea delle onde del cielo.

La mia prima preda fotografica fu un luccio di almeno due chili, che stava immobile vicino ad un boschetto e che mi lasciò avvicinare molto. Poi passarono davanti alla macchina fotografica molti fotogenici abramidi, seguirono due tinche – infine la pellicola era terminata.

Quando Hass rientrò dal suo viaggio, io non dissi assolutamente nulla. La macchina fotografica giaceva ripulita di nuovo al suo posto
Due settimane dopo ero sulla prima pagina di una rivista illustrata viennese: una bella foto di me mentre nuotavo con la fotocamera in superficie; l’aveva scattata Harry. Il mio articolo si intitolava: «Spedizione nel Mar Glaciale viennese». Avevo mostrato le mie foto al caporedattore e lui le aveva prese subito. Quando arrivai in ufficio Hass aveva già una copia del giornale in mano.
«Questa macchina fotografica mi è familiare», disse lui ridendo di soppiatto. «Non male queste fotografie – se lei fosse stata un uomo avrei potuto aver bisogno di lei. Peccato.»

A metà novembre volò da solo a Port Sudan per preparare la spedizione e la sceneggiatura del film. Il punto cruciale era tanto quanto prima trovare il capitale necessario per l’acquisto della nuova barca. Quattro membri della spedizione erano già stati scelti in modo definitivo e in aprile avrebbe dovuto aver inizio il tutto. Hass sperava di riuscire a realizzare alcune immagini interessanti in questa sua spedizione in solitaria e di attirare l’interesse di alcune case di distribuzione cinematografica sul suo film «Abenteuer im Roten Meer (Avventura in Mar Rosso)» con degli articoli su delle riviste ilustrate. La spedizione sarebbe dovuta durare tre mesi.

Dopo quattro settimane Hass tornò abbronzato e di ottimo umore. Aveva portato a casa delle riprese veramente belle; era riuscito ad avvicinarsi per la prima volta ad una manta, quel mostro leggendario – una razza gigante con le corna e un muso enorme. La conferenza che Hass tenne all’Auditorium Maximum dell’Università di Vienna fu uno strepitoso successo. Molto in fretta le immagini – le prime fotografie subacquee che erano state scattate in Mar Rosso – furono diffuse dalle riviste di tutto il mondo.

Hass era ottimista. Nel frattempo avevo imparato a conoscerlo abbastanza bene per sapere che i suoi pensieri giravano in continuazione intorno alla nave da ricerca. Il film doveva essere un successo e doveva portare denaro a sufficienza per una tale imbarcazione. Questo era sostanzialmente lo scopo di questo viaggio. Hass voleva fare contestualmente anche alcuni esperimenti scientifici. Aveva elaborato una sua teoria per cui i pesci si riconoscono gli uni dagli altri per il loro modo di muovere le pinne e per cui gli squali sono attratti dal dimenio del pesce ferito anche da una certa distanza. Uno dei partecipanti, Herr Wawrowetz, era un tecnico del suono e avrebbe dovuto realizzare le previste registrazioni sonore subacquee. Con un microfono subacqueo Hass voleva incidere su nastro il rumore del movimento delle pinne dei pesci – o le onde sonore da esse generate. Ma lo scopo principale della spedizione era e restava il film – per recuperare i fondi necessari per la nave.

Per ora mancavano ancora anche i mezzi necessari per realizzare il film stesso. Qualche cosa entrò in cassa attraverso le riviste, ma non era sufficiente. Quello che soprattutto mancava erano i contratti con le case di distribuzione cinematografiche.

A Vienna trattavamo con la Sascha. Hass mi portò con sé ad un abboccamento così, se ci fosse stato bisogno, avrei potuto stenografare direttamente sul posto. Il direttore in verità, Herr Schuchmann, non si lasciava entusiasmare facilmente da questo film.

«Mi dispiace» disse «ma nella migliore delle ipotesi questo può essere un Matinee. Nella programmazione serale con questo non ci arriviamo. Il pubblico vuole azione. Per i film culturali il mercato è molto ristretto.»

«Ma anche questo sarà d’azione», spiegò Hass. «Sappiamo dagli abitanti del posto che nella barriera vivono animali giganteschi con le corna e noi proprio questi andremo a cercare. Affittiamo un Dow – un meraviglioso veliero che viene utilizzato per la pesca delle perle. Visiteremo la barriera di Shab Amber e la città morta Suakin. Mostreremo questo mondo sottomarino che nessuno ha mai filmato prima – e dopo alcuni imprevisti troveremo veramente gli animali giganteschi: le mante. Lei ha già visto dalle mie foto quanto appaiano inquietanti; e ce ne sono di ancora più grandi. Vedo già chiaro davanti a me il film e la sua azione; in quanto a cromaticità e tensione non mancherà nulla.»

Il direttore scosse la testa pensieroso. «Mante di qui, mante di là, quello che vuole il pubblico è una bella donna.» E gettò uno sguardo nella mia direzione. «Perché non portate la vostra signorina Baierl con voi? Conferirebbe al film un fascino completamente diverso.»

Hass mi guardò come gelato, poi guardò il direttore. Pensò probabilmente per prima cosa che si trattasse di uno scherzo. Poi mi guardò ancora e si toccò la barba.
La conclusione a cui si pervenne alla fine della conversazione fu che il numero dei membri della spedizione fu aumentato di una persona – io. Rimasi molto tranquilla e imperturbabile, ma volentieri sarei saltata al collo del Direktor Schuchmann.

«Pensate che i vostri genitori vi daranno il permesso?» mi chiese Hass sulla via del ritorno. Anche se cercava di comportarsi in modo premuroso, tranquillo e imperturbabile, non gli riusciva. Era stato colto assolutamente di sorpresa. Io in segreto ridevo.

«Se li pregherò me lo daranno sicuramente», risposi. «Posso anche gestire la corrispondenza durante la spedizione e rendermi così utile.»
«Si, forse lo potete fare» disse Hass assente.
«Penso che certamente me la caverei anche con un autorespiratore.»
«Se lo tolga dalla testa», disse Hass bruscamente. «Se la porto con me, è solo per il film. Se lei pensa che mi assuma anche un qualunque rischio, si sbaglia. Le dirò esattamente quello che deve fare, e basta.»

Ingoiai questa amara pillola. La cosa principale era che io sarei partita con loro. Gerry sarebbe scoppiato! Per il film era alla fine necessario che anch’io mi immergessi. E se avessi dato buona prova di quello che sapevo fare, Hass mi avrebbe lasciato immergere con l’autorespiratore.

«Le riprese con lei le facciamo in una laguna poco profonda, dove ci sono bei coralli e pesci colorati – però nessun pericolo. Lo dirò anche ai suoi genitori. E senza autorespiratore.»

Oltre a Gerry e Wawrowetz gli altri membri della spedizione erano Hochhauser – chiamato «Xenofonte» – e il cameraman Bolle. Hass voleva poi ingaggiare a Port Sudan due o tre persone del luogo come aiutanti.

Xenofonte aveva già accompagnato Hass in una spedizione precedente. Ci era venuto a trovare una volta e noi due ci eravamo intesi subito. Xenofonte assomigliava ad un albero nodoso. Aveva vissuto quattordici anni in Grecia come pescatore e si intendeva di pesca e di barche come nessun altro. Era galante e gentile con me come un cavaliere della vecchia scuola.

«Mi fa piacere che venga anche lei», mi disse un po’ goffo. «Qualunque desiderio o preoccupazione dovesse avere, si rivolga a me. Su me può fare affidamento.»

«Sa cucinare?», mi chiese Hass abbastanza scettico.
«Certo che sono capace.»
«Bene, allora si potrà rendere utile anche in questo modo.»

Il cameramen Bolle mi sembrava invece piuttosto formale. Non ero per nulla convinta che Hass con lui avesse fatto la scelta giusta. Ma mi guardavo bene dal dire qualcosa. Da quando anch’io facevo parte della spedizione il nostro rapporto era diventato abbastanza teso. Hass doveva ancora digerire il fatto che una donna avrebbe preso parte alle spedizione – assolutamente contro il suo volere.

Le ultime settimane prima della partenza trascorsero in un baleno. C’erano mille formalità da sbrigare; corsi fino a quando non ebbi consumato i tacchi. Le attrezzature furono spedite prima per nave, Xenofonte, Gerry, Bolle e Wawrowetz avrebbe comunque viaggiato in nave. Hass ed io saremmo arrivati successivamente in aereo.

Quando a Port Sudan la porta della cabina dell’aereo si aprì, il caldo bollente ci investì come un’onda. 41 gradi Celsius all’ombra! L’aria tremola sopra il deserto. La nostra auto si faceva strada tra una folla colorata e orientale suonando forte il clacson. Appena ci fermavamo, bambini poveri si accalcavano intorno a noi, allungando la mano per chiedere l’elemosina. Eravamo arrivati davanti ad un vecchio e grande edificio di altri tempi: il Red-Sea-Hotel.

Poco dopo andammo al porto dove era in arrivo la nave con la nostra squadra. Ci furono problemi con la dogana. Cercai di rendermi utile, ma fui subito messa da parte dagli uomini. Ero stanca morta e volevo solo ritornare al nostro fresco albergo, con i ventilatori sul soffitto. Quello di cui avevo bisogno in quel momento era dormire …

Il giorno seguente gli avvenimenti precipitarono. Non lontano dall’hotel si trovava una piscina: lì Hass mostrò a Gerry e Bolle il funzionamento degli autorespiratori. Gerry nuotava come una grossa foca sotto la superficie esibendosi in acrobazie. Bolle scomparì anche lui sott’acqua. Non stavo più prestando attenzione a lui fino a quando, improvvisamente, tutta la gente accorse e Hass tirò fuori dalla piscina il corpo inanimato del nostro cameramen.

I tentativi di rianimarlo fecero tornare Bolle in sé. Più tardi sentii tuttavia cosa disse ad Hass: «Mi dispiace, ma in acqua non mi ci portano più neppure dieci destrieri. Semplicemente ho troppo caldo. Ho un mal di testa fortissimo. Penso, Doktor Hass, sarebbe meglio, se lei cercasse un sostituto.»

Quella sera eravamo invitati da Bill Clark, il governatore inglese della città. Hass era stato suo ospite durante il primo soggiorno ed era suo amico. L’hobby di Bill Clarks era la pesca con la canna. Ci voleva venire a trovare quando saremmo andati a Suakin per andare insieme a pesca. Ci disse che avremmo potuto trovare alloggio in un vecchio palazzo di questa città in rovina. Le camere venivano normalmente messe a disposizione dei funzionati inglesi di passaggio.

«Adesso quindi vi manca un uomo», disse Bill Clark a Hass.
«Si, non era prevedibile. E’ naturalmente un brutto colpo per noi – anche se faccio io stesso la maggior parte delle riprese. Ma le scene nelle quali compaio io, le deve ben girare un altro.»
«Lo posso fare io disse», disse Gerry.
«Oppure io», dissi.
«Mah, vedremo», sbuffò Hass. «Ad ogni modo ora abbiamo un autorespiratore in più.»

Più tardi in hotel Hass mi prese da parte.
«Se adesso partiamo, la prego di imprimersi bene nella mente una cosa…»
«si, ovvio …?»
«Non me ne voglia: da oggi è un uomo.»
«Cosa sarei io…?»
«Un uomo. Dimenticatevi di essere una donna. Facciamo parte ora di una spedizione, e siamo tutti uomini. Capisco che non sarà tutto facile. Ma se vogliamo creare un gruppo compatto e forte – e lo dobbiamo fare – non possiamo avere riguardi per lei»
«Sono d’accordo. Ma ad una condizione.»
«E quale sarebbe?»
«Allora dovrebbe cortesemente anche lei accettarmi come uomo e non qualcosa a metà che non è né carne né pesce. Essere un uomo significa non solo avere doveri ma anche diritti.»

… La buona volontà non mancava di certo. Ma come si dovesse procedere nella pratica, non mi era ancora ben chiaro. Oggi Gerry mi ha detto: «Abbiamo trovato due ragazze Fuzzy-Wuzzy molto carine, le inseriremo nel film. Non ti puoi immaginare quanto siano belle…» Ora, come si comporta in questo caso un uomo? Devo rallegrarmi per queste due creature? Ma probabilmente non è vero per nulla. Gerry voleva solo farmi arrabbiare. Hass non disse una parola in merito a questo. Oggi mi è parso abbastanza chiaro, quanto poco io conosca veramente questi uomini – come altrettanto poco io conosca questa terra e il suo popolo, il mare e le stelle, che non avevo mai visto brillare in un cielo così scuro. Hass mantiene una meravigliosa calma e superiorità; è nato per fare il capospedizione. Come datore di lavoro era sempre stato cortese e corretto. Ma sapeva essere anche insopportabile, quando trasformava la sua correttezza in pedanteria, la sua superiorità in pretesa di aver sempre ragione. Quando semplicemente ripenso a tutte quelle lettere che ho dovuto ribattere a macchina per via di una virgola in più o in meno. In ufficio si trascorrono un discreto numero di ore insieme, ma alla fine ognuno conduce la propria vita. Ma qui siamo appiccicati l’uno all’altro dalla mattina alla sera. Quindi come ci si comporta da uomini? Come ci si comporta da donne lo so bene – ma come “uomo”?

Gerry non è per nulla felice che ci sia anch’io, lo avevo già previsto. Come si comporterà nella squadra? Non sarà troppo vanitoso e prepotente? Già si vedeva come l’eroe del film e come ragazza gli porto via un po’ del suo show – perché nel film sarò comunque una ragazza.
… To be continued … nel libro “Ein Mädchen auf dem Meeresgrund”. Ma come è andata a finire già lo sappiamo: vissero felici e contenti!

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