Con il sole il lago è fantastico, meraviglioso. Non c’è vento, l’acqua è una tavola. Ogni cosa brilla! Oggi immersione alla Draga.

di Isabelle Mainetti

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Cos’è “la Draga”? Raggiungibile solo con la barca, penso sia l’immersione con relitto tra le più belle dei nostri laghi.
Priva di una storia sua importante, ha guadagnato però punti regalando ai sub una valida alternativa rispetto alle pareti dell’alto lago del Garda.
Entra a far parte degli abissi nel 1964, quando a causa di una forte bufera, accidentalmente, affonda a una profondità di – 45 metri difronte alle chiuse della centrale elettrica di Gargnano.
La nostra Draga fluviale, o “galleggiante mobile”, veniva usata per l’escavazione subacquea del fondale ghiaioso per poi scaricarlo su un altro barcone. Usata proprio per la nascita della centrale, ora giace lì, inclinata sul fondo a farvi da guardiana. È un minuscolo relitto in confronto ai giganti del mare, ma ha poco da invidiar loro. In ottimo stato è perfetta per gli amanti delle riprese e della fotografia, e ama presentarsi vanitosa davanti all’obiettivo.
La discreta profondità – per sub tecnici – consente di osservarla con calma e, volendo, di non appesantirsi troppo con l’attrezzatura.
Un bibombola 12+12 e una stage di ean50, come oggi, per me e il mio Buddy, può essere sufficiente. Solitamente, in superficie si trova la boa di segnalazione dalla quale calarsi.
…Meraviglioso “planare” nel nulla, la sensazione di volare in assenza di gravità pervade mescolandosi alla curiosità, mentre a tratti l’adrenalina rende l’ansia incombente… L’acqua ha una discreta temperatura in questo periodo, sono 9-10 gradi, e non fa freddo.

La cima si ferma a – 35 m imboccandoti nell’avventura.
La visibilità non è sempre delle migliori, ma noi “laghensi” amiamo anche questo aspetto dei nostri laghi e, inorgogliti, spalanchiamo gli occhi come gatti nella notte, diventando parte di essi.
Eccola! “Atterrati” sull’escavatrice troviamo la sua massa ferrosa che si mostra a noi fiera. Bella più di quanto la ricordassi, apparentemente dormiente. I pezzi di lamiera creano un ambiente artistico e i particolari non mancano. Un “cucciolo di relitto”, un giocattolo che dispensa emozioni. Gli appassionati di storia industriale o di mezzi di lavoro, trovano sicuramente di che gioire, e anche quelli come me, fantasiosi e inesperti del settore, possono sbizzarrirsi. Grossi ingranaggi che mi ricordano i fantastici LEGO, sono sparsi un po’ ovunque. Uno è enorme e si presenta poco lontano dalla cima, è una ruota dentata…non puoi non avvicinartici e toccarla. Come bambini con le caramelle, la Draga ci invoglia alla scoperta dei dettagli, dei suoi buchi, degli oblò, facendo ovviamente attenzione alle reti e ai cavi elettrici che, seppur pericolosi, le donano un po’ di mistero. Forme enormi di ferro arrugginito quasi arancione, pare vogliano parlare, vogliano prendere vita. Siamo osservatori silenziosi non protagonisti, e questo mi rilassa. In immersione tutto sembra fantastico, ha un’anima. Lo spirito del relitto chiama, vuole farsi notare. Ecco il lungo braccio lavoratore con le sue grosse tazze in fila. Grandi come poltrone. Ora Argani, simili a grosse spolette da cucito sono lì, intatti, con ancora avvolti i cavi. Un riduttore di trasmissione si distingue tra il marrone rossiccio della ruggine, un barile dorme stanco sulla schiena della draga. Per i più giocherelloni, un passaggio tra i galleggianti fa da richiamo e mette alla prova il proprio assetto per non sollevare il fondo e come un cartello di senso unico ti indirizza alla centralina. Distratti da tutto ciò il tempo passa veloce e per me oggi i 30 minuti di fondo sono arrivati. C’è chi torna alla cima e chi come noi opta per la risalita in libera.
Tra una tappa e l’altra di decompressione sorrido e immagino la piccola grande draga al lavoro. In tranquillità, dopo 65 min riemergiamo soddisfatti e concludendo con una sana risata ci avviciniamo alla barca.

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