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Ha progettato la prima cinepresa anfibia mai realizzata e ha anticipato la macchina fotografica anfibia Calypso Phot di almeno dieci anni. Grande pioniere della fotografia subacquea, inventore e costruttore di attrezzature, è sua la custodia UW-Leica, resa famosa dallo smagliante sorriso di Lotte Hass.

di Rossella Paternò, Historical Diving Society Italia

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Poter conoscere un pioniere del passato, classe 1922, è già una grande fortuna: incontrarlo a casa sua, tra cimeli e ricordi, e ascoltare i suoi racconti un privilegio.
Kurt Schaefer, un nome in Italia a tutti sconosciuto. Lo sarebbe stato anche per me se i colleghi dell’Historical Diving Society Germania non me ne avessero parlato: un giovanotto austriaco di novantacinque anni, un vero outsider, pioniere nella progettazione e costruzione di custodie subacquee, cineprese e macchine fotografiche anfibie, archeologo subacqueo, architetto con un dottorato di ricerca sulle imbarcazioni storiche che hanno navigato lungo il Danubio, illustratore, modellista, curatore e consulente di musei.
La subacquea in effetti è stata solo una parentesi nella sua vita. La sua fama e notorietà l’ha raggiunta in altri campi, eppure oggi “tutti” (gli appassionati di storia) lo cercano e tutti vogliono ascoltare le sue storie. Una lucidità e una precisione nel ricordare ogni minimo dettaglio delle sue avventure e delle sue invenzioni che mi hanno colpita quando sono andata a trovarlo a Pressbaum, pochi chilometri fuori Vienna. Nei suoi occhi brilla ancora entusiasmo e vivacità. E l’orgoglio che a 70 anni di distanza gli vengano riconosciuti i suoi meriti.
Quando pensiamo alla bellissima Lotte Hass la rivediamo in tutto il suo splendore con la Leica al collo durante la spedizione in Mar Rosso del 1950. Ebbene, proprio quella è una delle invenzioni di Kurt Schaefer. Così come la custodia per la cinepresa Siemens 16 mm che Hass utilizzò durante il suo primo viaggio esplorativo in Sudan e che fa bella mostra di se nella foto dove presenta le sue attrezzature nel libro “Manta, Diavolo del Mar Rosso”.
Ma cominciamo dall’inizio: nei primi anni quaranta Kurt Schaefer è un giovane con la passione per il mare e per la fotografia. Passioni che gli sono state trasmesse dal padre. C’è un altro viennese con la passione per il mare e per la fotografia che nello stesso periodo diventa famoso: si chiama Hans Hass.
Schaefer, arruolato come soldato durante la seconda guerra mondiale nelle file dell’esercito tedesco, dal 1942 è di stanza in Italia all’aeroporto di Grosseto come radiotelegrafista. A Natale di quell’anno riceve in regalo dal padre Tra squali e Coralli, il libro di Hans Hass che racconta della sua prima spedizione a Bonaire e ne resta folgorato: quella è la strada che anche lui vuole percorrere e proprio in Toscana muove i suoi primi passi verso la fotografia subacquea mettendo a frutto le sue doti di bricoleur. Recupera dai cassoni “dei rifiuti” tutto l’alluminio scartato dall’officina per la riparazione degli aerei e di notte, durante il servizio di guardia, lo fonde in barre nella stufa della sala radio e con queste costruirà la sua prima custodia per la cinepresa KODAK 8 mm che il padre a malincuore gli aveva prestato. I test di tenuta stagna vengono condotti in modo scientifico … nella vasca da bagno di casa.
Purtroppo un bombardamento manda in fumo cinepresa e custodia, ma non i suoi sogni. Dei maccanismi interni qualcosa si è salvato. Perché non ricostruirla? Anzi, perché non ricostruirla direttamente in un guscio impermeabile? Detto fatto e sui moduli di trascrizione delle comunicazioni radiotelegrafiche (perfetti con la loro carta millimetrata) viene abbozzato il primo progetto di una cinepresa anfibia, la M8/1, dove “M” sta per Marina di Grosseto (dove si svolgevano le prove in mare), “8” per il formato della pellicola 8 mm e “1” per la versione. Questo sarà il criterio adottato per nominare anche tutte le creazioni successive (M16, M35, MK, dove la K sta per “pellicola piccolo formato” e si riferisce alle macchine fotografiche, M6x6).

“Una cinepresa che non deve essere avvitata in una scomoda custodia e che può essere utilizzata sia sopra sia sotto l’acqua senza modificare nulla. Il grande vantaggio consiste nel fatto che le dimensioni e il peso della macchina restano contenuti. Inoltre in quattro e quattr’otto può essere aperta per montare una nuova pellicola.” Scriveva in una lettera al padre nel maggio del 1943, sperando che con queste parole si potesse consolare più facilmente della sua perdita. Le stesse parole che furono poi usate anche nel 1979 dalla Eumig che presentò in anteprima mondiale una cinepresa anfibia basata sul sistema Schaefer, spacciandolo però come propria invenzione.
Siamo nel ben mezzo della guerra. Soldi al tempo non ce ne sono e il progetto rimane sulla carta fino al 1946. L’invenzione di Schaefer del 1943 deve essere considerata a tutti gli effetti la prima cinepresa subacquea anfibia.
Ma per andare sott’acqua servono anche una maschera e un paio di pinne. E il giovane austriaco, che nonostante tutto cerca di sopravvivere alla guerra tuffandosi nei propri sogni progettando attrezzature subacquee, nel 1944 scrive sul suo diario: Grosseto – …Finalmente ci siamo: sono riuscito a procurarmi da un commerciante italiano un pezzo di rivestimento per il pavimento. Una lastra nera di un metro quadrato, spessa 6 mm. Secondo le indicazioni del venditore si tratta di gomma di ottima qualità, anche se all’apparenza sembra più segatura mescolata con catrame e compressa, dura come la suola di una scarpa e poco elastica. Io sono contento lo stesso: ho per le mani almeno del materiale per fare i miei tentativi.
E visto che sognare e inventare non costa nulla, perché non progettare anche una pistola scaccia-squali (Haifishrevolver) che funziona ad aria compressa o con cartucce a salve (1943). La teoria di Hass fondata sul principio che bastava urlare per allontanare gli squali non lo convinceva molto.
Mentre è in Italia Schaefer prende contatto con Hass che riconosce il suo talento e dimostra subito un grande interesse per le sue idee, ma i due giovani non riusciranno ad incontrarsi fino alla fine della guerra. Iniziano però a collaborare a distanza. Sta per uscire il film Uomini e squali e Hass gli chiede di disegnare le illustrazioni per i titoli di testa. I disegni, dopo settimane di lavoro, sono pronti, ma la posta da campo non è sicuramente un canale affidabile a cui consegnare un bene così prezioso. E se andasse smarrito? Come farne una copia, nel pieno della guerra e sperduti nella campagna toscana? Un giorno arriva un civile alla base tedesca con una bicicletta su cui è legata una strana cassa di legno. L’uomo monta un grande cavalletto proprio al centro del piazzale, ci posa sopra la cassa e invita i militari ad avvicinarsi e farsi fotografare “per la bella ragazza”. In effetti non era una cattiva idea inviare una foto con la posta da campo a casa, oltre alla solita lettera. E mentre i primi commilitoni si mettono in posa per farsi immortalare a Schaefer viene un’idea. Quel “fotografo itinerante” glielo aveva mandato il cielo? Visto che una fidanzata a cui mandare le foto non la aveva, perché non far fotografare i suoi disegni? Detto fatto, anche se il procedimento per raggiungere l’obiettivo è molto laborioso. Prima uno scatto ai fogli appesi a un muro. Poi la strana cassa con pochi e semplici gesti si trasforma in camera oscura. Ed ecco pronto il negativo: si ma come trasformarlo in un positivo? “Prego aspettare”. Il negativo viene di nuovo appeso al muro, fotografato e sviluppata la seconda pellicola. Ad ogni buon conto la busta inviata con la posta da campo arrivò a destinazione e le fotografie servirono solo da ricordo.

Quando i due finalmente si incontreranno Hass gli chiederà di progettargli alcune custodie: alle anfibie non è interessato. Non crede nelle loro potenzialità. Stringono una sorta di patto… Schaefer rinuncia ad un compenso per il suo lavoro, in cambio sarà uno dei membri della spedizione che partirà da lì a poco per il Mar Rosso.
Così Schaefer costruisce per lui una custodia per la Bell and Howell 35mm, una per la Siemens 16mm (una versione in alluminio e una in ottone, consegnata la mattina stessa della partenza) e la famosissima “UW-Leica”, per la Leica II. Tutte e tre per la prima spedizione del ‘49 in Mar Rosso, quella in cui Hass partì da solo, raccontata nel suo libro Manta. Diavolo del Mar Rosso (1952). La Bell & Howell troppo ingombrante e poco maneggevole venne lasciata a casa. La Siemens e la Leica compaiono nel libro citato nella foto che ritrae la sua attrezzatura. La custodia per la Leica II fu usata anche per la seconda spedizione durante la quale fu girato il film Negli abissi del Mar Rosso (1951). Fa bella mostra al collo di Lotte in molte scene e foto. Le custodie furono realizzate, ma Schaefer non prese mai parte a una spedizione. La loro collaborazione s’interruppe bruscamente.
E quando i rapporti tra due uomini si incrinano spesso c’è di mezzo una donna. Lotte, ai tempi ancora l’ambiziosa segretaria di Hass, voleva sorprendere ed essere all’altezza del suo capo. Chi le poteva insegnare a migliorarsi nel nuoto e nell’apnea? Schaefer. Chi poteva procurarle gli “strumenti” del mestiere, ovvero pinne e maschera? Schaefer. Chi poteva insegnarle a fotografare? Schaefer. Chi poteva insegnarle poi a sviluppare e fare ingrandimenti (nello studio del capo mentre lui era assente per qualche conferenza)? Schaefer. Quando Hass si accorge del legame sempre più stretto tra Kurt e Lotte va su tutte le furie e un nome viene depennato dall’elenco dei partecipanti alla spedizione, quello di Schaefer.
Terminata la guerra, rilasciato dopo tre mesi di prigionia, Schaefer viene assunto presso l’ex cantiere navale Abeking & Rasmussen a Gmunden sul Traunsee. Nel 1946 inizia gli studi di architettura presso la Technischen Hochschule, il Politecnico di Vienna, che completa con successo nel 1954. Il lungo periodo impiegato per conseguire la laurea è giustificato dalle innumerevoli attività collaterali portate avanti negli stessi anni, come, solo per citarne alcune, lo sviluppo congegni innovativi nel campo della fotografia e cinematografia subacquea, per se stesso e per Hass, e la conduzione di ricerche archeologiche su palafitte neolitiche ritrovate nei laghi austriaci alpini Attersee, Mondsee, Keutschachersee, documentate nel film Spuren der Vorzeit (Tracce del passato) del 1951. “Archeologi con le pinne” titolano i giorni del tempo.

Durante gli studi può finalmente iniziare a costruire la sua cinepresa anfibia “M8/1”. Dalle prime prove in acqua emerge però che alcuni “difetti” costruttivi del primo modello devono essere superati. Così nel 1947 nasce la “M8/2”, il progenitore di tutte le versioni anfibie successive da lui create.
Anche le attrezzature per le immersioni sono per lo più autocostruite: maschere, pinne e (forse) il primo monopinna mai realizzato, la cui particolarità era di possedere una parte centrale che poteva essere rimossa, mettendo a disposizione del subacqueo anche delle normali pinne, secondo necessità.
Una volta realizzata la custodia per la Leica, Hass gli chiede di provare a progettare anche un flash subacqueo. Schaefer trova l’idea stimolante e si mette subito al lavoro iniziando da una vecchia Kodak-Retina I, che era facilmente sincronizzabile con le lampade flash Philips. Le lampadine e la parabola erano chiuse all’interno di una custodia impermeabile, dotata di batterie alloggiate nell’impugnatura. Un sistema però che non era affatto pratico da utilizzare perché per sostituire le lampade bisognava tornare ogni volta alla barca o a terra.
Il padre di Schaefer gli suggerisce di girare lui stesso un film subacqueo sulle palafitte preistoriche ritrovate nel Mondsee e nell’Attersee. Nascono così i suoi primi documentari sui laghi austriaci che vengono proiettati al Teatro Urania di Vienna e che riscuotono molto successo richiamando un foltissimo pubblico.
Occorre a questo punto anche una cinepresa più professionale, una 16mm. Ovviamente sempre anfibia! Tra il 1949 e il 1950 Schaefer costruisce così la M16/1, seguita dalla M16/2 e M16/3.
Tra il ’50 e il ‘51 realizza anche la prima macchina fotografica anfibia, la MK/1 (Marina di Grosseto/Kleinbild/versione 1) brevettata nel 1954, anticipando di almeno di dieci anni la Calypso Phot, distribuita dalla La Spirotechnique a partire da fine 1960. Le impostazioni di diaframma e distanza sono sul retro della custodia, e non sulla parte frontale come nelle altre custodie. Un’intuizione che oggi sembra scontata.
Nel 1952 partecipa come cameraman alla spedizione organizzata dall’Università di Vienna guidata dal biologo marino austriaco Rupert Riedl, la Österreichische Tyrrhenia-Expedition (Spedizione Tirrenica Austriaca).
Il film a colori Lichter unter Wasser (Luci sott’acqua), realizzato completamente in apnea durante la spedizione nel tratto di mare tra Sorrento e Capri, è stato prodotto con il processo colore Kodakchrome ed è il primo film subacqueo a colori girato in grotte sottomarine.

Per illuminare le grotte Schaefer sviluppa dei fari speciali. Il mostruoso impianto d’illuminazione, disegnato anche sulla locandina del film, è composto da un gruppo alimentato a benzina, un cavo a 12 conduttori lungo un centinaio di metri e una batteria di sei lampade che insieme fornivano una potenza di 3.000 Watt. I sei fari sono la chiave di successo delle riprese del film.
Tra i vari aneddoti che mi ha raccontato Schaefer mi ha anche spiegato come è passato dal flash protetto da una custodia a quello a parabola aperta.
I giovani partecipanti alla spedizione Tirrenia, che volevano scattare alcune immagini nella Grotta Azzurra di Capri, erano venuti a sapere che il guardiano della grotta che esigeva il prezzo del biglietto da ogni visitatore era solito andare a messa la domenica mattina presto. Così, arrivati con l’ultimo traghetto della sera, gli studiosi si accampano con la loro tenda in mezzo a un giardino di ulivi e la mattina all’alba, armati di macchine fotografiche e flash, approfittando della devozione dell’uomo, si intrufolano per rubare qualche scatto. Ma il guardiano, rientrato prima del previsto e, memore del sermone appena pronunciato in chiesa, si appella a tutti i santi e alla Madonna inveendo contro di loro e urlando “Biglietti! Biglietti!” (ma non solo). Niente, devono pagare il biglietto o uscire immediatamente. Si, ma con che soldi? Alla fine rimane dentro solo uno del gruppo e Schaefer resta seduto su uno scoglio a cambiare le lampade del flash man mano che serve. E mentre Kurt aspetta inizia ad osservare la sua attrezzatura: è proprio scomodo quel sistema di flash con il vetro a protezione delle lampade … Ma se le lampadine funzionassero anche a contatto con l’acqua? E ha funzionato! Sistema-Capri si chiamerà il nuovo flash a contatti bagnati, dal luogo in cui è stata partorita l’idea.
Quando ho osato chiedergli se fosse stato il primo a inventare un sistema del genere, mi ha risposto: «Non so, non mi sono mai occupato degli altri. Sono sempre stato un outsider solitario.»
Dopo la spedizione Tyrrhenia si cimenta nella costruzione di una macchina fotografica subacquea anfibia a fuoco fisso per fotografare a distanza ravvicinata che usa una pellicola formato 6×6. Per questa macchina utilizza prima un flash a lampadine, sostituito nelle versioni successive da un flash elettronico incorporato nella macchina e infine un flash anulare. Grazie al fuoco fisso era possibile scattare diapositive perfettamente a fuoco sempre e comunque in scala 1:1, 1:2 : bastava appoggiare il telaio per le inquadrature al soggetto e fotografare. Queste macchine erano sensazionali. L’obiettivo era una sua creazione. Per ottenere una profondità di campo da 6 a 7 cm, dotò la fotocamera di un diaframma molto stretto, 1: 140 (!), cosa considerata impossibile ai tempi dagli esperti di fotografia. Eppure funzionò! Per queste foto, realizzate più di sessanta anni fa, ha ricevuto dalla “Società fotografica di Vienna” un diploma d’onore.

Negli anni successivi gira diversi film subacquei a partire da Ein Zelt auf Oruda (Una tenda a Oruda, 1953), cui seguono Der blaue Garten (Il giardino blu) e Landratten, Seewind und kleine Fische (Topi di terra, brezza di mare e piccoli pesci), realizzati durante i diversi viaggi in Adriatico con la sua barca Teresa II, tutti rigorosamente senza l’ausilio di un autorespiratore.
La cinepresa anfibia da 8 mm, accantonata e sostituita da una 16mm, più adatta per i film professionali destinati al cinema, torna di nuovo interessante con il crescere del numero di subacquei amatoriali. Nel 1966 Schaefer mostra il suo gioiello alla Eumig, un’azienda austriaca che produceva cineprese e proiettori, oltre a radio, televisori e sistemi Hi-Fi. Fino a quel momento non esisteva nulla di paragonabile sul mercato; le cineprese erano ancora inserite in custodie impermeabili. Entusiasta del progetto, senza però pagare alcun tributo per il suo lavoro preparatorio o acquisire una licenza da lui, la Eumig copia il Sistema-Schaefer e lancia nel 1979, in anteprima mondiale sul mercato, una cinepresa Super-8 anfibia con il nome “Eumig Nautica”. Sebbene Schaefer abbia rivendicato i suoi diritti davanti a un tribunale, non si è mai arrivati a un chiarimento giuridico perché la Eumig fallisce nel 1982.
Schaefer ha progettato anche al di fuori dell’ambito sottomarino. Si è occupato di diverse pubblicazioni su riviste specializzate, redazione di cataloghi di mostre, mostre, progettazione di musei, modellistica, ricostruzioni di navi e integrazione di ricerche precedenti, attività che gli sono valse diversi riconoscimenti e fama.
Ha collaborato come architetto nello studio di progettazione del famosissimo Karl Schwanzer e ha partecipato all’inizio degli anni 70 al progetto di Hans Hass per la realizzazione di un hotel sottomarino ad Almeria, sulla costa meridionale spagnola. Il progetto non fu poi realizzato.
Dopo aver completato la sua carriera professionale alla fine del 1982, Schaefer ha proseguito quella accademica con un dottorato sulla costruzione di navi storiche in legno per la navigazione sul Danubio, sempre presso il Politecnico di Vienna.
Le fotocamere e le cineprese anfibie di Schaefer sono oggi esposte in una mostra permanente all’Aquazoo-Löbbecke Museum di Düsseldorf, insieme alle custodie subacquee di Hans Hass.
Nel 2017 è stato inserito nell’International Scuba Diving Hall of Fame (ISDHF).

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