La 3° spedizione di IANTD Expedition sul celeberrimo sommergibile nella baia di Haifa in Israele ha avuto un particolare significato di ricerca e documentaristica. Alla caccia di nuove scoperte su un relitto che non finisce di stupire.
A cura della Redazione
«Dopo i successi delle precedenti spedizioni del 2008 e del 2011, la IANTD ha organizzato una terza spedizione sul relitto del glorioso sommergibile Scirè che si è svolta dal 1° all’8 novembre nelle acque antistanti Haifa (Israele). La spedizione aveva l’obiettivo di portare a termine le misurazioni e la copertura video-fotografica necessaria a una ricostruzione scientifica in 3D del relitto. Questa attività di ricerca da parte della IANTD è iniziata nel 2008 e, oltre all’attività d’immersione, in questi anni è stato svolto un intenso lavoro negli archivi inglesi e italiani e nello studio dei resti delle difese britanniche di Haifa durante la II Guerra Mondiale, in particolare del sistema di rilevamento anti sommergibile denominato “indicator loops”. Queste ricerche hanno portato alla scoperta che gli inglesi erano perfettamente informati della missione dello Scirè grazie alle intercettazioni di Ultra Secret e che una trappola mortale lo attendeva di fronte ad Haifa. Lo studio e le scoperte effettuate sono state pubblicate su numerose riviste del settore subacqueo e scientifiche, ma mancavano ancora delle misurazioni per poter terminare correttamente la ricostruzione in 3D del relitto. Come per le spedizioni precedenti sono stati ricevuti importanti patrocini: del ministero degli Affari Esteri, dell’Associazione Nazionale Arditi Incursori di Marina, dell’Explorers Club di New York che ha consegnato una sua bandiera e dell’Istituto Medicina di Soccorso, del quale era presente un medico come membro della spedizione. Ricordiamo l’importanza storica del Regio Sommergibile Scirè: per quattro volte, al comando di J. Valerio Borghese, violava le acque della piazzaforte britannica di Gibilterra. Durante l’ultima missione, il 10 settembre 1941, gli incursori che aveva trasportato affondarono tre navi utilizzando gli S.L.C. (siluri lenta corsa o “maiali”). Nel dicembre successivo lo Scirè, sempre al comando di J. Valerio Borghese, violava il porto di Alessandria, affondando nella base egiziana della Royal Navy due corazzate inglesi: la Valiant e la Queen Elizabeth, una petroliera e danneggiando un cacciatorpediniere. Anche questi affondamenti furono eseguiti utilizzando i “maiali”. L’azione fu ricompensata con la medaglia d’oro alla bandiera del sommergibile. Invece, purtroppo, il 10 agosto 1942 ad Haifa su di esso si scatenò l’inferno: navi nemiche, artiglieria costiera e aerei erano all’erta, sembravano aspettarlo. Infatti, le nostre ricerche ne hanno trovata prova negli archivi britannici. Dopo una caccia spietata fu affondato con il suo comandante Bruno Zelik e tutti i suoi marinai e “uomini gamma” (come venivano chiamati allora gli incursori) a bordo. Questo sommergibile entrò allora definitivamente nella storia come protagonista, anche in quella dell’attività subacquea, ed è tutt’oggi una delle unità navali più famose e amate al mondo. Alla spedizione su questo relitto di grande importanza storica hanno partecipato otto istruttori e subacquei IANTD: Fabio Ruberti, capo spedizione; Cesare Balzi, vice-capospedizione e operatore subacqueo addetto alle misurazioni; Carla Binelli, segreteria; Edoardo Pavia, cine-operatore subacqueo; Alberto Dabalà, fotografo subacqueo; Alessandro Brandetti, operatore subacqueo addetto alle misurazioni; Gianluigi Da Campo, medico della spedizione e operatore subacqueo; Mark Feder, responsabile logistica e operatore subacqueo. L’iniziativa è stata incoraggiata e supportata dai Training Facility IANTD Acquamarina di Marina di Pisa (PI) e Sea Dweller Divers (Roma), dalle ditte di equipaggiamento per la subacquea tecnica Acquamarina® e Dive Rite® e, per la logistica, dai centri d’immersione locali Tek Dive di Tel Aviv e Deep Siam Group di Eilat. La spedizione era composta da tre squadre operative con specifici obbiettivi d’immersione giornalieri: misurazione e rilevazione del sito subacqueo, ricognizione esterna e rilevamento di reperti di particolare interesse e copertura foto-cinematografica di tutto il relitto, mettendo in atto le migliori tecniche d’immersione associate a un lavoro di squadra mirato alla ricerca e utilizzando gli equipaggiamenti più idonei. L’attività ha incluso anche una ricerca guidata dal Prof. Galili mirata allo studio dei resti delle difese inglesi di Haifa durante la II Guerra Mondiale, in particolare del sistema di rilevamento e difesa anti sommergibile denominato “indicator loops”. Lo svolgimento di una spedizione con immersioni a carattere archeologico e scientifico sul relitto di un sommergibile di così grande valore storico come lo Scirè è un fatto di rilievo, non solo per gli sviluppi che essa potrà avere, ma anche per organizzare un’adeguata tutela e conoscenza pubblica dell’importante reperto storico. Durante l’ultima immersione è stata deposta una corona e lasciata una bandiera italiana in onore dei caduti.»
Fin qui la comunicazione ufficiale a firma Fabio Ruberti (www.iantdexpeditions.com) Haifa (Israele), dell’8 novembre 2015.
Ma sentiamo anche dalla viva voce di uno dei protagonisti, Cesare Balzi, qualche dettaglio in più dello svolgimento di alcune fasi delle operazioni.
Cesare, a che profondità si sono svolte le operazioni?
«Sui 34-35 metri. Che poi è la profondità del fondale su cui è appoggiato lo Scirè.»
Tempo di fondo?
«70 minuti. Avevamo calcolato che fossero quelli sufficienti per consentirci di completare tutte le misurazioni e la documentaristica in immagini che ci sarebbero servite.»
Quindi… Nitrox?
«Rigorosamente tutto e solo Nitrox. Sia di fondo che decompressive.»
Configurazione?
«Bibombola + una deco.»
Quanti giorni così?
«Al netto di qualche problema meteo, abbiamo totalizzato 4 giorni pienamente operativi di immersioni.»
Scoperte particolari?
«Abbiamo fatto maggior chiarezza sulla prua del relitto, prima meno documentata. Ci è interessato particolarmente lo “svirgolamento” – se così possiamo definirlo – delle strutture del relitto in seguito all’effetto subito dalle detonazioni delle mine di profondità che lo affondarono… Per comprendere il significato di tante misurazioni però è ancora presto, occorre prima elaborare una notevole massa di dati, integrandoli tra l’altro con quelli già in nostro possesso precedentemente.»
Maggiori difficoltà incontrate?
«Ci sono state complessità più che difficoltà, sotto il profilo tecnico, per l’esecuzione di misurazioni con metodiche e strumenti da veri e propri “geometri”. Non avevo immaginato di ritrovarmi a maneggiare stadia, goniometro, rotelle metriche, inclinometri ecc, come per la misurazione di tracciati stradali, per intenderci. Riportando i dati su lavagnette predisposte per il rendering dal grafico. E’ stato un lavoro estremamente minuzioso per la rifinitura delle misurazioni di dettaglio, sia verificando quelle note sia acquisendone anche di nuove dove mancavano. Un tipo di operatività al contempo molto interessante.
Vere e proprie difficoltà invece sono state costituite piuttosto dal maltempo iniziale e dalle correnti, per non dire della scarsa visibilità che contraddistingue la zona del relitto in questi casi.»