«Difficile domanda. Dovrei cercare di prendere un po’ di punti da una parte e un p0’ dall’altra. La prima ha il merito di aver diffuso la subacquea ricreativa e turistica ma con il passare del tempo le ragioni economiche e commerciali hanno puntato sui numeri e sulla facilità e rapidità di mettere a tutti i costi la gente in acqua, a volta tralasciando conoscenze e tecniche, e sopratutto di insegnare l’amore per il mare.
Questo ha portato i nuovi subacquei a saltare la fase dello snorkeling e dell’apnea, due fasi fondamentali per iniziare ad amare e capire l’ambiente acquatico, che poi avrebbero sfociato nella bellezza di poter immergersi con le bombole, portando tutti ad usare le bombole sin dalla più piccola età. Lo snorkeling e l’apnea sono sport facili ed economici, alla portata di tutti, che possono formare dei buoni subacquei, amanti della natura e dell’ecologia. Portare tutti a usare immediatamente le bombole provoca già una grande selezione per costi, tempi e pesi, e leva quella parte di educazione ecologica e acquatica che sarebbero una perfetta base per la loro carriera subacquea. Per anni la subacquea ha attinto agli apneisti, contando sulle loro capacità acquatiche e il loro amore, proponendo la subacquea con autorespiratore come una naturale evoluzione».
Sicuramente Aldo ha ragione però è innegabile che la maggior semplicità con cui si può approcciare la bombola abbia portato a una evoluzione del mercato con sicuri benefici per tutti.
«La seconda ha il merito di aver dato sopratutto alla subacquea tecnica delle regole (standard) ben specifiche e sicure sulle tecniche di immersione e sulla configurazione dell’equipaggiamento. A volte purtroppo questa standardizzazione viene portata ai limiti, quasi che la tecnica e la sicurezza siano il fine e non il mezzo per l’evoluzione nel mondo acquatico. Questa estremizzazione porta e si spinge fino al punto in cui un subacqueo che non fa parte di una certa didattica, chiunque esso sia, qualunque sia la sua esperienza, qualunque tipo di attrezzatura utilizzata sia un potenziale pericolo con il quale non ci si deve immergere. L’utilizzo di specifiche marche e modelli di attrezzature è un’altra delle caratteristiche di queste didattiche, che fanno dell’appartenenza al gruppo del singolo, uno dei loro punti di forza. L’appartenenza ad un gruppo, di qualunque tipologia esso sia, nasce dal bisogno di affiliazione che è dato dall’esigenza di trovare supporto, condivisione e approvazione. Tutto ciò diventa, in seguito, un vero e proprio bisogno di appartenenza che porta alla scelta selettiva del gruppo da frequentare in base ai valori che meglio si combinano con i propri e con l’immagine di sé che il singolo sta costruendo.
La focalizzazione della tecnica come fine per il sub, porta a un traguardo sterile, che una volta raggiunto, allontana la persona dalla subacquea, in cerca di nuovi obiettivi da raggiungere».
Letta così mi sembra che si scontri un po’ con l’opinione di Mario Arena; però, anche fosse, devo ammettere che non ci vedo nessun male in un’azienda che promuove i suoi prodotti, tra l’altro se questi sono prodotti di alto profilo. Rimane il fatto che il nostro compito è quello di fare informazione, quindi poniamo domande e pubblichiamo risposte.
Riprenderemo la nostra sagra dopo aver raccolto altre autorevoli testimonianze. Amplieremo la panoramica sui pensieri di altre didattiche. Nel frattempo chiunque desiderasse esprimere un suo concetto, ritenendolo utile alla comunità subacquea, non esiti a contattarci. Vi aspettiamo!